Domanda
Sono la mamma di un bimbo di 7 mesi e le scrivo per sottoporle una questione relativa alle dinamiche dell‘attacamento e al rapporto con la baby sitter.
I miei impegni lavorativi mi permettono di lavorare per la maggior parte del tempo da casa (a grandi linee, ho la necessità di recarmi in ufficio circa due volte alla settimana per mezza giornata, ma è molto variabile, e può capitare che debba stare via per la giornata intera); mentre il mio compagno rientra alle tre del pomeriggio.
Da due mesi mio figlio passa tre mattine alla settimana con la baby sitter ed in molte di queste mattina io sono a casa, davanti al pc, mentre loro giocano o passeggiano. Se per il primo mese e mezzo, passata ovviamente la fase di “conoscenza”, mio figlio stava piuttosto volentieri con la baby sitter anche nelle mattine in cui dovevo uscire, da circa tre settimane pare che la mia presenza (o anche quella del padre) sia indispensabile per evitare pianti disperati.
Un fattore che credo possa aver contribuito è che mio figlio è stato influenzato e dunque scombussolato dai farmaci e dal malessere, ma le chiedo qualche suggerimento per instaurare una relazione corretta tra bambino, mamma/papà e baby sitter, anche considerando che da gennaio dovrò cercare una nuova baby sitter. La prego di tenere presente che: non posso fare a meno di una persona che stia con mio figlio almeno tre mezze giornate alla settimana (ovvero, non posso lavorare e contemporaneamente giocare con lui…); di solito per un giorno alla settimana lui sta con la nonna senza alcun problema (ma la nonna non è disponibile per più tempo); in questa fase dell’attaccamento non ha preferenze tra mamma e babbo, ed il mio compagno è molto attento e presente; entrambi cerchiamo di passare più tempo possibile con lui.
Mi rendo anche conto che una brava baby sitter, magari, conosce i “trucchi” per evitare queste crisi, ma immagino che non stia, appunto, tutto lì.
Mi perdoni la lunghezza del messaggio e grazie per l’aiuto che saprà fornirmi.
Cordiali saluti.
R.
Risposta
Cara R.,
la sua mail dipinge una situazione che essere affrontata con serenità e tranquillità, sia per la fase di sviluppo del bambino, sia per le risorse che avete a disposizione come nucleo familiare.
Nella sua mail parla di attaccamento e di come sia importante che noi adulti facilitiamo uno sviluppo positivo di questa forma di relazione. E’ bene però tenere presente che ci sono delle fasi fisiologiche che devono essere superate e che sono legate anche allo sviluppo psicomotorio del bambino. In estrema sintesi secondo Bowlby -lo studioso ha identificato questi comportamenti- l’attaccamento avviene in 5 fasi:
- 0-3 mesi – pre-attaccamento: il bambino, pur riconoscendo la figura umana quando compare nel suo campo visivo, non discrimina e non riconosce specificamente le persone;
- 3-6 mesi – attaccamento in formazione: inizia la creazione di un legame; il bambino discrimina le figure e ne riconosce una in particolare (quella che lo cura, lo coccola, lo nutre), circa nell’80% dei bambini osservati subentra la paura dell’estraneo;
- 7-8 mesi – angoscia di separazione: non avendo ancora sviluppato il concetto di “permanenza dell’oggetto”, la lontananza dalla figura allevante provoca angoscia nel bambino perché ha paura che il “caregiver” non ritorni;
- 8-24 mesi – fase di attaccamento vero e proprio;
- dai 3 anni in poi – formazione di legami: la figura allevante viene riconosciuta dal bambino che, oltre ad identificarne le caratteristiche fisiche, diviene consapevole del suo provare sentimenti, emozioni, sensazioni. In base agli stimoli relazionali dell’ambiente in cui il bambino cresce si produrranno in seguito diverse tipologie di legame
Questa teoria mi piace molto perché deriva ed è stata successivamente confermata da moltissime osservazioni della relazione tra il bambino e chi si occupa di lui.
Da quello che ci scrive nella sua mail possiamo dire sicuramente che suo figlio in questa fase sta sperimentando un momento di forte apprendimento, sta provando -tra pianti e lacrime!!- che la mamma o il papà si possono allontanare ma che poi ritornano. Per lui è davvero una magia, considerato che fino a pochissimo tempo fa non percepiva neppure i suoi confini fisici ma li definiva in base ai contatti con gli altri.
Ci sono dei bambini che affrontano questa fase con estrema tranquillità e degli altri che invece “fanno sentire la loro voce” e il loro dissenso per una situazione faticosa. Ricordiamoci che i primi 9 mesi di vita sono per noi esseri umani un periodo molto delicato, alcuni studiosi li identificano addirittura come una fase di completamento esterno alla gestazione avvenuta nella pancia della mamma. Sicuramente solo dopo che la esogestazione è completata è possibile per il cucciolo d’uomo creare dei legami di attaccamento.
Come vede fin qui non mi sono focalizzata su di lei, sul bambino, sull’organizzazione familiare che avete creato intorno a vostro figlio. Prima ho cercato di allargare lo sguardo al generale per capire quanto di fisiologico c’è nella vostra esperienza. Questo è il primo “trucchetto” che noi genitori possiamo utilizzare per capire quando c’è qualcosa di preoccupante per cui intervenire, soprattutto quando si ha il primo figlio e non c’è, per esperienza professionale o personale, l’abitudine a passare molto tempo con bambini piccoli la preoccupazione scatta prima. Per questo è utile chiedere come ha fatto lei, leggere, informarsi e contemporaneamente osservare il proprio bambino. Un po’ come farebbero degli scienziati di fronte a qualcosa di nuovo, un po’ come fanno i nostri cuccioli una volta atterrati su questo pianeta.
Ovviamente questo discorso di osservazione-partecipe (così intendiamo la scienza della relazione noi psicologi) vale per tutte le persone che si prendono cura del bambino: mamma, papà, nonna, baby sitter. Se la situazione problematica è concentrata nella relazione con la baby sitter è opportuno focalizzarsi su questo scambio, soprattutto nella prospettiva di un cambiamento in gennaio.
Nella mail non dici molto di questa persona, di quanta fiducia c’è tra voi, di quanto si sente in affinità con il suo modo di gestire il bambino, di come sta gestendo questa fase fisiologica ma sicuramente difficile, per voi e per lei. Sono tutti fattori da tenere presenti nel momento della scelta e della valutazione continua di una persona che ricopre un ruolo tanto importante in una famiglia, l’obiettivo non deve essere il tentativo di trovare cloni a noi ma diventare consapevoli della realtà che contribuiamo a creare (altro “trucchetto”).
Quando un bambino si confronta con più figure di accudimento ha la possibilità di diventare flessibile e di sperimentarsi con la diversità, questo però implica almeno inizialmente un prezzo da pagare: la fatica di affrontare il nuovo, soprattutto quando -passata la novità- si rende conto che questa persona non è fantastica-onniscente-perfetta come la mamma e il papà. Per i bambini la mamma (e il papà quando è presente) è magica perché sa come farlo stare meglio in modo misterioso, una volta è il latte, una volta il pannolino, un’altra è un abbraccio con il suo profumo…fatto sta che funziona. Il pensiero del bambino verbalizzato potrebbe essere: “ma siamo sicuri che questa qui è abbastanza magica???”. Ecco l’ultimo trucchetto, proviamo (noi e chi si prende cura del nostro bambino) a metterci nei suoi panni, entrando nel suo mondo e nel suo modo di percepire la realtà. Questo allenamento all’empatia ci permetterà di capire di più quello che i bambini provano e allo stesso tempo di mantenere la tranquillità, uno stato d’animo indispensabile per far star bene i nostri figli.
Infine uno sguardo all’organizzazione della vostra vita quotidiana, credo che abbiate creato un buon modo per stare insieme a vostro figlio senza sacrificare la professionalità o il lato emozionale. Quella che avete fatto è una scelta impegnativa che implica incastri quotidiani ma che produce sicuramente il risultato di ottenere quello che vi interessa. Anche questo nel futuro sarà apprezzato da vostro figlio.
Un suggerimento in queste organizzazioni così flessibili per gli adulti è di prestare molta attenzione ai ritmi e ai rituali da far sperimentare al piccolo che devono essere ripetitivi e rassicuranti: l’orario della pappa e del riposino, il modo di iniziare e concludere le attività, le filastrocche o le canzoncine, la stanza in cui si gioca e quella in cui si mangia. Visto che l’ambiente di lavoro della mamma coincide con quello di cura del bambino cercate di differenziarlo voi, di modo che – piano piano – lui possa capire che la mamma c’è ma non è disturbabile e che lui si può concentrare sulla relazione con la baby sitter. Anche per l’uscita fatevi aiutare dai classici piccoli riti: il saluto alla finestra, un bacio sulla mano, l’atteggiamento sereno e sicuro della mamma lo aiutano a mentalizzare che la mamma esce ma poi ritorna.
Ecco, spero che questi piccoli spunti possano aiutare la vostra famiglia a superare questo passaggio di sviluppo, vedrà che anche nei prossimi snodi di crescita le torneranno in mente.
Per concludere ho un piccolo appunto. Lei scrive “non posso fare a meno di una persona che stia con mio figlio almeno tre mezze giornate alla settimana” quasi giustificandosi di non poter lavorare e contemporaneamente giocare con lui. E ci mancherebbe!!! Non so che lavoro faccia ma dubito che sia possibile fare insieme le due cose per la stragrande maggioranza dei mestieri che facciamo.
Provi a pensare a cosa sta insegnando a suo figlio scegliendo di lavorare da casa e trovare una persona che si occupi di lui al 100% mentre lei al 100% si potrà occupare del suo lavoro. Gli sta sicuramente insegnano il valore della professionalità e dell’essere genitore allo stesso momento, al prendersi le responsabilità e a delegarle quando possibile. Gli sta insegnando a scegliere perché lo ha fatto lei per prima.
E allora, cara R., se lo dica: ha fatto delle scelte impegnative, le ha condivise con il suo compagno e la sua famiglia, le sta portando avanti, è pronta ad affrontare quello che sembra non funzionare per farlo funzionare meglio.
Sta andando alla grande.
Avanti così!
Un caro abbraccio
Gloria Bevilacqua – Psicologa e Psicoterapeuta
roberta dice
Gentile dott.ssa Bevilacqua
grazie mille per la sua risposta, e per gli input che mi dà. Capisco l’importanza dei ritmi e dei rituali e credo sia tempo di iniziare ad essere meno anarchici (che credo sia il rischio che si corre quando si ha un bambino “buono”, che dorme senza problemi, etc…).
Sulla questione dell’ (ovvia) impossibilità di conciliare lavoro e gioco…è che mi rendo conto di subire un po’ il giudizio di chi pensa che se si lavora da casa non c’è bisogno della baby sitter…e ho cercato di giustificarmi.
Spero che questo sia utile anche ad altre mamme
Grazie di nuovo!
Roberta