Sono A., mamma di Sebastián, e sono un po’ preoccupata. Anzi molto: perché mio figlio mi sembra indietro, perché quando vedo altri bambini della sua età (2 anni e mezzo), o più piccoli, che riconoscono forme e colori, interagiscono con adulti e bambini e parlano, mi dispero. Perché Sebastián queste cose non le fa: perché Sebastián corre in tondo e dice mamma, papà e cocò (le galline).
Al nido ci hanno detto di non preoccuparci, che ogni bimbo ha i suoi tempi. Per il linguaggio, poi, un certo ritardo è quasi logico: io sono italiana e gli ho sempre parlato nella mia lingua, ma viviamo in Galizia dove convivono galiziano e castigliano, e so che i bimbi plurilingue cominciano a parlare piú tardi. Ma non riesco a non vivere la situazione con una certa angoscia.
Sebastián è un bimbo timido, tanto con gli adulti quanto con gli altri bambini. Se un adulto, che non sia nè io nè il papá, gli parla, lui fa finta di niente. Bisogna sempre insistere per fargli salutare le persone con un bacio.
Per quanto riguarda le forme e i colori, che ancora non riconosce, abbiamo provato a fare dei giochi insieme, ma è molto difficile catturare la sua attenzione. Ciò che realmente gli piace è correre (macina chilometri) e vedere i cartoni, che però sono razionati e che deve scegliere indicandoli su una scheda che gli abbiamo preparato. Nemmeno i giocattoli risvegliano il suo interesse: a Natale non ha degnato i pacchetti nemmeno di uno sguardo.
Per il momento, non ci siamo rivolti a nessuno specialista ma pensare che a settembre andrà all’asilo e vedendo i piccoli progressi che fa non mi lascia tranquilla. E acutizza i miei sensi di colpa: per lavoro, ogni tanto mi capita di viaggiare e nessuno mi toglie dalla testa che queste assenze improvvise e inspiegabili
della mamma abbiano potuto in qualche modo bloccare lo sviluppo del mio bambino. Che fino all’anno faceva quello che doveva fare ma sembra che a un certo punto si sia bloccato. Mi piacerebbe sapere come comportarci come genitori, che giochi possiamo fare per stimolarlo e coinvolgerlo. E se sia il caso di portarlo da uno specialista.
Grazie mille per il suo aiuto.
Un abbraccio.
Risposta
Cara Alice,
la prima sensazione che ho leggendo la tua mail è che le risposte che ti hanno già dato, in qualche modo, “non ti bastano”, non ti tranquillizzano.
Da ciò che scrivi, e soprattutto pensando all’età di Sebastian, non mi viene in mente nulla di allarmante, se non il fatto che probabilmente il bimbo è un po’ timido (prova a leggere qui quello che ho scritto sulla timidezza).
Per quanto riguarda lo sviluppo del linguaggio, è vero che ogni bimbo ha i suoi tempi, e che i bambini che sono “esposti” a più idiomi sono un po’ più lenti nell’apprendimento del linguaggio.
Potrei suggerirti di provare a fare con lui dei giochi specifici sullo sviluppo, attraverso libri specifici, utilizzando immagini a cui associare i nomi degli oggetti, o a fargli vedere programmi specifici che stimolano questi apprendimenti (in Italia Sky ha un’emittente che programma solo per bambini molto piccoli); ma sottolineo che si tratta di giochi, e non altro, perché sono fermamente convinta che a questa età i bambini debbano giocare e non “lavorare” al mestiere di crescere.
Mi chiedo, invece, pensando a te e al tuo lavoro, quanto i tuoi sensi di colpa influiscano sulle percezioni che hai riguardo a tuo figlio. Mi chiedo cosa ne pensa il papà del bambino, che vissuti ha lui in proposito, quando riuscite a condividere le vostre preoccupazioni.
Mi chiedi cosa potete fare per stimolarlo e coinvolgerlo. Io non credo sia necessario “fare chissà cosa” nel tempo che voi passate con Sebastian: sono piuttosto dell’avviso che il tempo debba essere “di qualità”, e che, se pur poco (per necessità lavorative, e non di certo per un tuo capriccio), possa essere un tempo in cui Sebastian possa cogliere che la vostra è una presenza “piena”, colma, disponibile, a cui poter attingere dal punto di vista affettivo ed emotivo. Punterei alla spontaneità piuttosto che all’ “organizzazione” del gioco.
Ad un bambino, per fortuna, non serve molto: questo è sufficiente a dargli la serenità per affrontare la vita a testa alta. Se al momento non è interessato alla quantità dei doni, all’eccesso, ritenetevi fortunati e godetevi questo momento in cui Sebastian vive nella spontaneità di ciò che davvero gli serve, senza la bramosìa del superfluo: se questo potesse essere uno stile di vita per tutti, a mio parere, sarebbe molto bello. Nel cibo, nel gioco, nel sonno e nelle attività quotidiane, i bambini possono essere per noi dei grandi maestri, e mostrarci come essere in contatto pieno con le proprie sensazioni corporee, con i propri bisogni fondamentali, aiuti a vivere nell’equilibrio delle cose. Avere la capacità di ascoltare/osservare i bambini, e di assecondare questa sana spontaneità, li aiuta di certo a crescere individui equilibrati e consapevoli del proprio ground corporeo, che è la base su cui si sviluppa tutto il resto della nostra vita.
Proverei anche ad avere considerazione della “volontà” del bambino di non voler salutare tutti con un bacio: i bambini sono molto sensibili a cose per noi impercettibili, e non è detto che abbiano voglia di essere aperti e fiduciosi nei confronti di tutti. Credo che le manifestazioni d’affetto verranno col tempo, quando lui stesso sentirà di volerle esprimere e sceglierà con chi farlo.
Riguardo alle tue assenze lavorative, cara Alice, pensi bene che il loro essere inspiegabili è difficile da accettare per tuo figlio. Ciò su cui non mi trovi d’accordo, invece, è il fatto che non debbano essere spiegate. Spesso sottovalutiamo i bambini, e non spieghiamo loro quel che accade. Il mondo visto con gli occhi di un bambino deve sembrare un posto strano ed imprevedibile, dove ogni cosa non ha il senso che ha per noi adulti. Certamente è necessario parlare a Sebastian in modo semplice ed adeguato all’età, i bambini non colgono tutto il senso delle nostre parole, ma in realtà ne capiscono più di quanto immaginiamo. E colgono il tono emotivo, e la modalità con cui diamo loro delle spiegazioni.
Al tuo posto, proverei a spiegare in maniera dettagliata e puntuale i momenti in cui ti allontanerai, perché lo fai, quando torni, cosa succede e cosa fai mentre sei via. Come dicevo, forse Sebastian non capirà tutto (tu semplifica le cose!), ma coglierà il fatto che tu dedichi del tempo a lui, senza “lasciarlo all’improvviso”, e inserirà i tuoi allontanamenti in una cornice di significato, sapendo cosa aspettarsi e creando delle aspettative sul tuo ritorno. Se accanto a lui ci fosse qualcuno che potesse aiutarlo a “contare il tempo” (non di certo le ore, ma costruendo un senso alle assenze), a misurare il tuo ritorno, penso potrebbe essere ancora più utile: non letteralmente, è ovvio, ma è il “processo” che crea il contesto entro cui sentirsi emotivamente contenuto e protetto.
Ci sono scelte nella vita che non si possono evitare, e lo stile lavorativo, a volte, è uno di queste. Il meglio che un genitore può fare è creare le condizioni in cui il bambino possa sentirsi partecipe della vita familiare, e sentire di farne parte. E’ questo che intendo, dunque, quando ti invito a puntare sulla qualità. Ci tengo a ricordarti, inoltre, che una madre “onnipresente” non è la madre migliore per un bambino, se alla sua presenza fisica non corrisponde sempre una presenza emotiva ed affettiva.
La mia idea, per quel che questa limitata forma di comunicazione con te mi permette di farmi, è che Sebastian in questo momento possa aver bisogno di sentirsi coinvolto nella relazione con te rispetto al tuo allontanarti, e che una tua serenità (anche di coppia, rispetto al tema della responsabilità) possa sicuramente influire sulla fiducia che il piccolo può avere nei riguardi della vita. Non dimentichiamo che la sicurezza e la fiducia di un bambino poggiano su quelle dei suoi genitori.
Sii fiduciosa riguardo al tuo piccolo, e al fatto che crescerà bello e sano: vedrai quanti progressi farà con l’asilo, e, ne sono certa, nel momento in cui smetterai di preoccuparti di “quanto” cresce, lui troverà il modo di dimostrarti “come” è cresciuto!
Se tutto questo non dovesse essere sufficiente, potrai sempre tenere per il futuro la carta di un consulto specialistico. Al momento, tuttavia, ti invito a “rivolgerti più a te stessa” e alle tue –legittime– difficoltà, in questa delicata fase del tuo “mestiere di madre”, cercando nella condivisione (con il tuo compagno, con le altre amiche mamme, con le donne a te vicine, e, se vuoi, anche con qualcuno che possa sostenerti psicologicamente) un modo per confrontarti con vissuti che appartengono, nelle più svariate forme, ad ogni esperienza di genitorialità.
Se mi concedi la metafora, quando i nostri piccoli ci sembrano indietro, forse lo siamo un pò anche noi, ed allora occorre fermarsi e prenderli per mano: questo aiuterà loro, ma soprattutto noi stessi.
Ti faccio tanti auguri di tanta serenità e giocosità, pur nella serietà e nella fatica del quotidiano, e resto a tua disposizione per ulteriori chiarimenti.
Dott.ssa Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta
Elo Lt dice
Ciao a tutte care mamme…come molte sfogliavo nel web le pagine in cerca di informazioni,chiarimenti e confronto…ho un bimbetto di tre anni appena compiuti che da un po’ mi fa tanto preoccupare..al nido, verso i fue anni ci consigliano una visita neuropsichiatrica perché trovavano mio figlio un po’ indietro nelle attività e, soprattutto nel linguaggio…vi dico il buio totale nella mia mente perché sino ad allora non mi ero posta problemi particolari. Il mio bimbo ha iniziato a gattonare a 14 mesi e due mesi dopo era in piedi(tenendo il dito della mano di un adulto) e a 18 mesi si è lasciato correndo come un fulmine. È sempre stato allegro ( si sganascia dalle risate) e socievole con tutti…isuoi giochi preferiti sono macchine e pallone..e adora stare all’aperto a giocare. Ma non parla. Insomma prenotiamo questa visita neuropsichiatrica dal prof Vicari, che ci esclude l’autismo e ci congeda con ritardo semplice di linguaggio. Ci da appuntamento a sei mesi per valutare se intervenire o meno con terapia, logopedia, che ovviamente iniziamo perché di fatto Edo ha tre anni ed avrà al max una quindicina di parole(comprese le onomatopeiche tipo miao per gatto o titi per uccellini etcc…). Dice e fa ciao solo quando vuole lui è a volte non sempre mi capisce. Mi hanno detto, a terapia, che è normale che non capisca tutto il senso dei miei discorsi perché non ha le parole non ne sa il significato non avendo acquisito i prerequisiti del linguaggio…ma, mi dicono sempre a terapia, che si recupera…io però mi sento a volte sconfortata dalle difficoltà di Edo, dalle sue arrabbiature quasi isteriche quando non riesce a “comunicare” e in particolare quando fa qualcosa che sa di non dover fare, più gli dico no e più lui guardandomi negli occhi lo fa, sembra a sfregio!!!
Solo che io non capisco che cosa ho davanti, so solo che è difficile in certi giorni..davvero difficile e mio marito non mi è di alcun aiuto, al contrario perché spesso guarda il piccolino come fosse un pazzo schizoide e, quando si arrabbia gli dice davvero delle cose brutte…
Federica dice
Ciao Elo Lt, ho letto il tuo messaggio e sembra che a scrivere sia stata io…. Di dove sei?
annax4 dice
io non credo che ignorare una situazione che crea disagio sia una soluzione.
ho avuto dei problemi col mio secondo bambino…o meglio…io dicevo che c’era qualcosa che non andava…tutti gli altri mi dicevano che ero ansiosa e ossessiva…poi, intorno ai 3 anni del mio piccolo, mi sono imposta e ho preteso una visita neuropsichiatrica. il responso è stato: autismo infantile.
e questa mia esperienza mi ha convinto che, se si hanno dubbi, è meglio farseli togliere dal professionista giusto!
Mammamsterdam dice
Tagli la testa al toro e cerca un bravo logopedista abituato al bilinguismo (non un cretino, che so che da noi ce ne sono ancora, che pensano che il bilinguismo sia la causa di tutti i mali, perché è una cosa senza alcun fondamento, a parte i pregudizi personali).
Concordo con tutto e tutti sul fatto che ogni bambino ha i suoi ritmi e che nulla di quello che racconti mi sembra preoccupante. Se è un bambino felice, mangia, corre, vive, il resto per adesso sono dettagli e magari sarà proprio l’asilo e il giocare con gli altri a dargli delle idee buone.
I figli bilingue li ho avuti anch’io e per un bambino in quella fase tutto costa un pochino più di fatica, nulla di strano che lui se la prenda comoda.
Una madre che lavora, che vive, che viaggia è un bene, porta a qualsiasi bambino un grosso bagaglio (e adesso spero non comincino a darmi addosso le madri che fanno scelte diverse perché non sto parlando di loro). Certe volte, anzi, se siamo i tipi che si identificano fortemente con quello che facciamo, continuare a fare le nostre cose è una necessità per la nostra salute mentale e gioia di vivere, sennò con la madre dedita e frustrata mi dici cosa ci fa un bambino?
Però è veramente un bambino piccolo, sicuramente ci manca dopo 10 minuti che siamo fuori ed ovviamente ci facciamo i sensi di colpa, che certe volte ci portano a terrorizzarci di tutto quello che abbia a che fare con il benessere dei figli. Quando sono riuscita a parlare di questo con mio marito (all’età del tuo di figlio, che ne so se sono questi i tempi?) lui è cascato dalle nuvole: ma perché mai ti senti in colpa, ci mancherebbe solo questo. E mi sono resa conto che era una cosa che mi suonavo e cantavo io ma di cui nessuno sentiva la necessità.
Quello che ho avuto anch’io e ho riconosciuto nel tuo racconto è invece la sensazione di onnipotenza di essere alla base di tutti i problemi presenti, passati, futuri o ipotetici dei nostri figli, con tutto il senso di colpa che lo accompagna.
Ti dico quello che dico a me stessa, pregandoti di non scandalizzarti se ti sembra brutale, perché io con me lo sono; piantala di farti le pippe mentali.
Ti senti in colpa perché tuo figlio non ti riempie la vita e le giornate anche se ti dà un sacco da fare? Piantala, non serve a nessuno. Ti senti in colpa perché pensi che avere una madre straniera e con un bagaglio diverso dall’ambiente in cui vivete sia un peso per tuo figlio? Piantala, gli stai dando la ricchezza della diversità e aspetta che cresca un po’ e vedrai. Ti senti in colpa perché qualcuno nel tuo quotidiano implica, o suggerisce o pensa che tu faccia male a lavorare e a non dedicarti a tempo pieno a tuo figlio? ogni bambino è diverso e diventa un adulto diverso e tu sei grande, grossa e vaccinata e le tue scelte sono solo tue.
Tuo figlio cresce, magari adesso è solo in una delle fasi di transizione della crescita, ma vedrai fra un po’ come cambia tutto. Tu però queste cose scrivitele, se non hai un blog fatti un quadernino di appunti per sfogarti, e rileggio a distanza di mesi. Vedrai come sarai la prima a stupirti del tipo di preoccupazioni che ti facevi solo alcuni mesi fa. I figli crescono e si evolvono e noi con loro e basta avere un pochino di pazienza, anche se mi ricordo benissimo quell’età lì di mio figlio e il mio grande senso di inadeguatezza.
In questo cresciamo anche noi madri, quindi ti auguro di venirne fuori al meglio, magari con l’aiuto e l’amore del resto della famiglia e magari, perché no, facendoti consigliare da un coach, pedagogo, medico umano e illuminato, chi ti pare. così ti levi il dubbio.
Perché in tutto questo pistolotto di empowering per te, non ti voglio neanche fare il torto di trattarti da povera cretina. Se c’è qualcosa, che magari non si capisce bene, o non si vede subito, le madri spesso sono le prime a intuirlo anche se magari non sanno bene cos’è. E non c’è niente di peggio di sentirsi così, e magari a ragione, senza che nessuno ti prenda sul serio.
Per cui direi di farlo vedere da un logopedista se la cosa può tranquillizarti, perché come disse il mio medico di famiglia: secondo me non serve, fra un po’ gli passa e quando avrà 20 anni e parlerà tre lingue nessuno starà li a ricordarsi se le frasi con 4 parole le faceva a due anni o a quattro. Ma se c’è qualcosa e ti devi poi rimproverare di averlo trascurato neanche va bene.
Il mio consiglio, in questo caso, è di cercare un logopedista che abbia esperienza di bambini bilingue, noi siamo stati in lista d’attesa per qualche mese, però poi ci ha aiutati e tranquillizzati tantissimo. Anche se magari serviva solo per star tranquilli, che poi alla fine si sono arrangiati da soli.
Detto ciò ti abbraccio e in bocca al lupo, e se vuoi parlarne un po’di più della cosa del bilinguismo, ti assicuro che 4 cose per formazione professionale e storia personale (ero bilingue anch’io da piccola e lo sono i miei figli) le so e quando vuoi, come vuoi, mi trovi su google.
Giuliana dice
Mi ritrovo molto nelle tue preoccupazioni, perchè pure mio figlio ha iniziato molto tardi a parlare e soprattutto farsi comprendere.
Avendo tre figli il paragone è stato quasi obbligatorio, ma ho anche compreso quanto i bambini siano diversi e abbiano diversi tempi di apprendimento.
Prendi il mio primo figlio, pure lui ha iniziato a farsi capire tardi, sui tre anni e mezzo, poi è partito e nessuno l’ha più fermato.
Figlio n° 2, iniziato a parlare prestissimo.
Ultimo nato, discorsi inerenti all’argomento, botta e risposta, parole chiare e un lessico più che forbito dall’ultima estate, e di anni ne ha sette e mezzo.
Ora, io non voglio spaventarti neppure preoccuparti, ma se hai dubbi vai fino in fondo, senti il parere di un esperto. Ti potrà dire e scongiurare disturbi che nemmeno avresti immaginato.
Perchè l’errore che ho fatto io è stato proprio questo, di credere che i due fratelli avessero lo stesso disturbo, i stessi tempi ed invece non è stato così.
Al mio terzo figlio, dopo tests e osservazioni varie, hanno diagnosticato lo spettro autistico, ed è stato un colpo.
Disturbo legato all’attenzione (ecco perchè aveva bisogno di fare attività brevi, si stancava subito, ogni cinque minuti dovevo cambiargli gioco, solo i cartoni lo calmavano), i rapporti con i suoi coetanei quasi inesistenti, non interessava giocare con loro, mentre con gli adulti i rapporti sono più soddisfacenti, e questo si riflette molto sulla scuola.
Chiedi un parere, ti sentirai più tranquilla.
Lanterna dice
Cara Alice, non sono una specialista ma una mamma che ha avuto un problema simile al tuo con la primogenita. In più, mia figlia non è bilingue, quindi non avevo neanche “attenuanti”. Eppure tra i 2 anni e i 2 e mezzo lo sviluppo linguistico di mia figlia si è come bloccato (colpa dell’arrivo del fratello? sono solo ipotesi). A 2 anni e mezzo a malapena accoppiava le parole per formare delle specie di frasi.
All’asilo hanno rilevato questo suo ritardo, ma non l’hanno trovato preoccupante. Solo da circa 6 mesi Amelia si esprime in piena correttezza (salvo la fonetica di alcune parole), e fai conto che oggi ha 5 anni. Suo fratello non ne ha ancora 3 ma parla quasi altrettanto bene. Questo mi fa capire che probabilmente non sono io ad aver sbagliato qualcosa in particolare, ma che si tratta anche e tanto di predisposizione. D’altro canto, Amelia quando balla fa coreografie che la maggior parte degli adulti si sogna: ognuno ha il suo modo di esprimersi e di eccellere.
Tuo figlio corre. Magari tra 20 anni potrò vantarmi di aver raccontato la mia storia alla mamma del nuovo Carl Lewis.