Domanda
Questa sera mio figlio, 4 anni, mi ha detto di volermi tanto bene, ma che più di tutto ne vuole al papà, a lui proprio tanto di più, ecco perché vuole sempre andare al suo paese, per stare con lui.
Come avrà dedotto siamo separati da quando mio figlio non aveva ancora 2 anni, e nel primo anno di vita ha vissuto all’estero con me presso mia madre che mi ha aiutato nell’accudirlo, dal momento che col padre eravamo già profondamente in crisi come coppia.
Il padre veniva abbastanza spesso a trovarlo, ma ha iniziato un vero rapporto con lui dopo l’anno di età.
Ho sempre agevolato il più possibile la presenza del padre nella vita del figlio, anche parlando spesso di lui.
L’ho allattato a lungo, due anni, e sia io che il padre applichiamo il co-sleeping, prima un po’ per nostra volontà, ora per obbligo perché nostro figlio non riesce a dormire da solo generalmente.
Il padre ha una caratteristica molto sviluppata che ho sempre deprecato, cioè la tendenza a fare i paragoni, a dire quale delle due cose piacciono di più ecc., e questa cosa la trasmette da sempre a mio figlio: da quando era piccolino gli chiedeva “ti piace più stare qui nel mio paese, in città con la mamma o in città dalla nonna??” indicando per lo più i luoghi geografici come termini di paragone.
L’altro giorno mi raccontavano di essere stati a pranzo con un bambino più grande di qualche anno del mio, e il padre mi diceva davanti a lui: “sapessi nostro figlio come è stato più bravo, ha mangiato tutto, l’altro ancora si fa imboccare, chi è stato meglio??” e io gli ho espresso il mio disappunto su questo fatto considerandolo non positivo per l’educazione del bambino.
Il padre non si è rifatto una vita, è una persona tendenzialmente invadente, che ripete come un mantra le stesse cose molte volte, è possibile una sorta di “condizionamento” (se non proprio lavaggio del cervello) nei confronti di mio figlio?
Altro esempio, mi portano un piatto di pasta fresca fatta da una signora del paese del padre, e il padre durante tutta la cena avrà chiesto a mio figlio una decina di volte “ma quanto sono buone queste fatte dalla Lisa? Ah, come le fa lei nessuno le sa fare…”
Questi non sono che pochi esempi, che però mi preoccupano molto perché vorrei crescere una Persona libera da condizionamenti capace di pensare con la sua testa, ma il bombardamento di parole che gli fa il padre mi sembra proprio che ottengano l’effetto di allontanarlo da me.
Gli dice da sempre che il papà vive per lui, che per ogni cosa lui c’è, …ma lo fa senza stabilire che comunque papà ha anche una sua vita, cosa che invece io faccio, per cui forse con il padre si sente più al sicuro e impossibilitato a spiccare il volo.
Preciso che frequenta il padre molte volte, spesso nei week-end sta quasi sempre con lui, l’atteggiamento che si nota a vederli, e che mi è stato riferito anche da persone al di fuori, è che sembrano due innamorati più che un genitore con un figlio, e spesso mi sono sentita un’intrusa proprio per questo fatto, come se volessi allontanare due amanti.
Il padre si dice ancora innamorato di me, e lo dice anche al figlio elogiando continuamente delle lodi nella mia direzione e dice apertamente che lui è felice quando siamo tutti e tre insieme.
Io gli ho spiegato che siamo separati pur volendogli sempre tanto bene.
Siamo seguiti da uno psicologo infantile, anche se il padre sostiene di essere perfetto e solo io di avere dei problemi, e che lui non sa cosa fare per aiutare il figlio che dice di volere sempre stare con lui nel suo paese.
Quando chiedo a mio figlio il perché mi risponde dicendo che è perché suo papà sta sempre con lui, e gli fa fare quello che vuole.
Quando sono al telefono il padre lo tiene tanto tempo, parlando quasi solo lui, e quando mio figlio è stanco e lo saluta il padre continua a parlare come nulla fosse!!
Una sera che ero stremata dal suo rifiutarmi perché voleva tornare dal padre gli ho detto che speravo di trovare un fidanzato e lui mi ha risposto che andava bene così lui poteva stare sempre col papà.
Risposta
Cara Mamma,
grazie per la ricchezza di particolari con cui racconti la tua storia. Immagino non debba essere stato facile vivere quest’odissea della separazione, né per te né per gli altri membri della famiglia. Le separazioni, del resto, non sono mai facili. Sono sempre eventi definiti “critici”, nel senso che la loro evoluzione può avere esiti molto diversi tra loro, e questi dipendono molto dalle persone che vi partecipano e dal modo in cui lo fanno.
Un figlio sicuramente non sceglie e non è responsabile della separazione dei genitori, e può soltanto “subirla passivamente”, non avendo in essa potere decisionale. E’ pure vero però che si può scegliere di separarsi dal proprio coniuge, ma, in presenza dei figli, non si può smettere di esercitare il ruolo genitoriale. Questo non significa soltanto continuare a mantenere con l’ex-coniuge rapporti civili, ma continuare ad assumersi la responsabilità del bene e della crescita sana del proprio figlio, sententosi coivolti in prima persona.
E questa è la parte più difficile: perché le separazioni aprono sempre situazioni di conflittualità, che talvolta è espressa, altre volte è invece più silente, e soltanto “agita”, o veicolata attraverso “metafore”.
Queste situazioni conflittuali coinvolgono sempre i figli: per quanto ciascun genitore cerchi di evitarlo, una separazione è un evento che ha un impatto su tutti i membri della famiglia.
La possibilità di avere degli esiti positivi dalla separazione dipende dall’età del bambino, dalla capacità che ha di elaborare gli eventi, e soprattutto dal comportamento -faticoso ma responsabile- che i genitori adottano sia tra di loro che nella relazione col figlio. Più alta è la conflittualità, peggiori saranno le conseguenze per lo sviluppo del bambino.
In pratica, se separarsi è già difficile quando si è “solo coppia”, lo è esponenzialmente di più quando c’è anche un figlio, o più.
La sensazione che ho è che ognuno di voi cerchi di mantenere col piccolo un legame quanto più stretto possibile: allattamento lungo, co-sleeping, richieste perché lui “scelga”, (ognuno a suo modo!), al rischio però di confonderlo davanti ai vostri sentimenti molto grandi e positivi per lui, ma tra i quali, essendo molto piccolo, non sa districarsi.
Mentre leggevo il tuo racconto, mi chiedevo cosa vi avesse portato a consultare uno psicologo infantile. Capisco che il vostro pensiero sia andato al sostegno per il bambino, ma in questi casi “essere aiutati a separarsi” è più importante di qualsiasi altra cosa, e l’esito positivo di questo evento ha dei benefici per tutti, nonostante le resistenze che ciascuno dei due può avere.
Da quel che dici, del resto, anche la definizione che date al bambino della vostra separazione non è univoca e chiara: il padre si dice innamorato e desideroso di tornare, tu invece sottolinei -giustamente- la tua non intenzione di tornare sui tuoi passi.
Secondo voi, però, questa dualità/ambiguità che effetto fa sul piccolo?
Da quello che intuisco, la separazione tra te e tuo marito non si è ancora completata: con questo intendo che, in termini di processo, il grado di conflittualità, se pur civile e rispettosa, non si è ancora placato, e i contenuti che utilizzate veicolano ancora dei temi emotivi molto forti che non hanno trovato una tregua.
Vostro figlio è “in mezzo”: e nella contesa (non pratica, ma sicuramente emotiva) ne paga il prezzo. E’ ancora molto piccolo per avere un’autonomia di pensiero e soprattutto per non essere coinvolto fortemente in queste dinamiche relazionali, e le “preferenze” che lui esprime non credo possano essere attendibili a livello di contenuto, ma sono da tenere in considerazione quando si guarda a TUTTO quello che sta accadendo tra di voi.
Il fatto che abbia avuto un papà molto assente, ad esempio, nel primo anno di età, e che è “ricomparso” in un secondo momento per concedergli tutto ciò che vuole, da “innamorato”, può essere facilmente interpretato se, invece di leggerlo con gli occhi di noi adulti, lo guardiamo con gli occhi di un bambino. Non è mancanza di amore nei tuoi confronti, ma solo desiderio di recuperare il rapporto col papà e di mantenerne i privilegi.
In pratica, cara amica, è impossibile che una mamma dubiti dell’amore che il proprio figlio può nutrire nei suoi confronti. Può essere più comodo avere un papà dalle regole più morbide, ma con questo non si smette di amare la mamma, anche dichiarandolo.
Sarebbe opportuno, in questo senso, che invece tu e il tuo ex-marito concordaste una linea educativa coerente e rispettosa di entrambi: la stabilità delle regole aiuta il bimbo a crescere, e vi rende ai suoi occhi persone rispettabili, cosa che in futuro sarà un bene per tutti e tre.
E’ difficile che un bambino possa “scegliere” arbitrariamente l’amore di un genitore piuttosto che un altro, e rinunciare così ad uno dei due.
Capisco però le tue paure, ed i timori che una situazione travagliata possono risvegliare in te. Ammetto che la situazione non dev’essere serena, ma sono sicura che se guardassi dentro di te, visceralmente, nel profondo, ti accorgeresti di quanto importante e indissolubile è il legame affettivo che lega te e il tuo bambino, e di quanto ugualmente importante è l’amore che deve tessere nei confronti del padre.
Un bimbo, del resto, non dovrebbe MAI essere messo nelle condizioni di dover rinunciare a uno dei due genitori. E’ anche un suo diritto NON ESSERE COSTRETTO A FARLO. L’amore di entrambi i genitori, per quanto imperfetto possa sembrare, è importante e costitutivo per la sua identità.
Non esistono genitori migliori o peggiori, esistono solo persone che rappresentano la radice della nostra esistenza, e per quanto talvolta possa sembrare che non tutto vada nel migliore dei modi, è impossibile pensare alla crescita di un bambino che sia “completa” anche se priva di una metà importante (un genitore).
Cara Mamma, perdona la banalità di alcune argomentazioni, necessariamente generiche, con cui cerco di rispondere alla tua domanda, ma non mi è facile, non conoscendovi, personalizzarla ulteriormente.
Quel che sento di dirti è che è importante che tu e tuo marito andiate presto, ed insieme, da un consulente di coppia, abilitato all’esercizio della professione, e che abbia una formazione in terapia di coppia (per risparmiare il vostro tempo, i vostri soldi, e le vostre energie, e per tutelare il vostro benessere).
Trovo necessario ed importante che voi possiate discutere delle vostre tematiche in uno spazio che lasci LIBERO vostro figlio dalle dinamiche che in questo momento vi coinvolgono.
Essere genitori non è facile, esserlo in un momento così critico lo è ancora di più: e voi necessitate di un sostegno per essere genitori del vostro bambino nel modo migliore possibile: migliore per lui e migliore per voi.
La definizione tra ruoli parentali e ruoli coniugali è molto importante nella vostra storia, in questo momento, e ridefinire la genitorialità in modo differente rispetto ad un contesto di convivenza è prioritario per il benessere del bambino.
Ciascuno di voi è portatore di una specificità irrinunciabile per il piccolo, nonostante pregi e difetti, ed è importante che troviate il modo per rispettarvi reciprocamente nel rispetto di vostro figlio.
La triangolazione del piccolo in tematiche che lo riguardano, ma che in realtà coinvolgono voi, nel processo di separazione, non lo aiutano a individuarsi e a crescere serenamente e adeguatamente.
Ci sono opportunità positive anche nella separazione, che possono essere individuate affrontando questo periodo in modo costruttivo (e non cercando di demolire quel che l’altro costruisce) e col sostegno adeguato.
Apprezzo quanto avete fatto finora, che vi ha portato anche a risultati positivi. Apprezzo anche la sensibilità che avete avuto di rivolgervi ad un professionista per il benessere di vostro figlio.
Il passo successivo, ora, credo possa essere quello di occuparvi di voi stessi, e di concludere quelle situazioni che ancora non sono arrivate ad una “fine”.
A nessuno piace essere coinvolto in un percorso impegnativo e difficile, ma per il bene di un figlio come il vostro, dichiaratamente tanto amato, è uno sforzo che certamente vale la pena di fare.
Non so dirvi se la soluzione per voi possa essere un percorso sia individuale che di coppia, o soltanto di coppia: non esisterei, al tuo posto, a cogliere l’opportunità di un sostegno individuale anche se il tuo ex-marito non si lasciasse coinvolgere in una terapia a lungo termine.
So per certo, però, che questo bambino lo avete fatto insieme, e che una strada per la sua crescita sana dovete trovarla insieme, responsabilmente, entrambi.
Ti riconosco il merito di aver individuato questo bisogno adesso, prima che le cose si complichino e che cercare la strada migliore possa diventare più difficile.
Non si tratta, del resto, di trovare chi è migliore tra voi due, o chi è perfetto, né chi ha fatto le scelte di vita migliori dopo la separazione.
Mi sembra prioritario, invece, trovare un modo di rendere il vostro bambino libero da strumentalizzazioni e paragoni, e di esprimere il suo ruolo di BAMBINO, senza la responsabilità di scegliere e valutare tra voi due, al prezzo di una futura incertezza, di una mancanza di fiducia negli altri, e di un terribile senso di colpa verso il genitore non-scelto.
Augurandoti tutto il bene possibile, carissima, resto a tua disposizione, per ulteriori chiarimenti o aiuti nelle scelte ancora da fare.
Dott.ssa Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta
Patrizia D'Arcangelo dice
Essendo una “cultrice” del diritto di famiglia, questo articolo ha suscitato in me un notevole interesse.
Mi permetto pertanto di intervenire analizzando la questione dal punto di vista giuridico.
L’art. 155 sexies del codice civile (introdotto nel 2006 dalla famosa legge sull’affido condiviso) prevede che, nel corso di un giudizio di separazione o di divorzio, il Giudice possa disporre l’audizione del minore che abbia compiuto gli anni 12 ed anche di età inferiore ove capace di discernimento.
Va osservato che l’art. 155 sexies non indica alcun criterio atto a valutare quando un soggetto infradodicenne sia ritenuto capace di “discernimento”.
Nel corso della mia esperienza posso comunque dire di non aver MAI visto alcun Giudice disporre l’audizione di un bimbo di soli 4 anni.
Si tranquillizzi pertanto la signora: un bambino così piccolo non è ancora in grado di esprimere coscientemente la propria preferenza tra la mamma o il papà. Il Legislatore ed i Giudice ne sono consapevoli.