Domanda
Gent.ma Dott.ssa Agnone,
ho letto la sua risposta in riferimento ai tic nervosi dei bambini e volevo sottoporre alla sua attenzione il caso di mio figlio.
Manuele è un bambino di 7 anni che nel mese di luglio 2010 ha subito un trauma cranico da caduta dall’alto (circa 6 metri) senza alcuna gravissima conseguenza. Dopo circa un mese dall’ evento Manuele inizia ad emettere un sibilo nervoso continuo in fase di riposo ed in modo ripetuto.
La pediatra ed il neurologo riferiscono probabilmente ad una conseguenza dello stress provocato dal trauma subito che si sarebbe probabilmente risolto col tempo. Passano i mesi, Manuele migliora, poi un giorno di circa alcune settimane fa ricompare il sibilo.
Da una settimana a questa parte si aggiunge un ulteriore tic motorio importante visibile come un continuo singhiozzo (ma non tale) con contrazione dello stomaco sempre in fase di riposo (circa 3 al minuto).
Non riprendiamo il bambino in alcun modo.
Importante premessa: all’età di 3 anni Manuele subisce la separazione dei genitori auto-colpevolizzandosi dell’accaduto seppur sia stato sempre rassicurato del contrario.
Dopo un anno io e mio marito decidiamo di ritornare insieme e, dopo soli 10 mesi nasce il fratellino.
Oggi la pediatra di Manuele suggerisce un incontro immediato con uno psicologo per mancanza di autostima del bambino che richiede continue conferme circa i sentimenti provati per lui (es: mamma mi vuoi bene?? papà mi vuoi bene?? maestra è vero che sono bravo?? ecc.), paura del buio, volontà di andare a dormire sempre nel letto dei genitori con presenza di entrambi, richiesta continua di sicurezza con frasi tipo: “mamma non vai via eh??!!”.
Ultimamente io e mio marito siamo abbastanza preoccupati della situazione. Riesce a darci un chiarimento in merito?
Ringraziandola per l’attenzione, certa di una sua cortese risposta, le porgo i miei più cordiali saluti.
Federica
Risposta
Cara Federica,
ho letto con attenzione il tuo racconto, pieno di dettagli.
Come avrai già letto, il modo in cui raccontiamo le cose contiene già molte informazioni che si aggiungono ai contenuti del racconto. Procediamo con ordine.
La prima cosa di cui riferisci è il trauma cranico di Manuele: hai fatto bene a consultare pediatra e neurologo, ma avrai già letto la mia opinione riguardo ad un intervento integrato, in certi casi, che preveda più figure professionali di riferimento.
Questo perché ciascuno con la sua competenza possa contribuire a risolvere la situazione, inquadrandola da punti di vista differenti, e dando legittimità ad ogni fattore che contribuisce a determinarla.
Escluse le conseguenze fisiologiche, e, diciamo così, più gravi, la presenza di un tic nervoso non può che suggerire un consulto psicoterapeutico, per il semplice fatto che il sintomo è sempre un messaggio, e ignorarlo equivale ad ignorare la persona che lo esprime.
Contrariamente a quanto ti hanno detto, quindi, i sintomi non regrediscono “senza fare nulla”: che sia un intervento terapeutico, o un cambiamento naturale (la vita stessa è terapeutica, ma talvolta occorre un sostegno), il sintomo regredisce solo se ci si occupa della persona (e non del sintomo), dal momento che ha sempre un significato relazionale, e, nel caso del bambino, anche familiare.
Pediatra e neurologo, con la loro corretta diagnosi, hanno escluso che fosse necessario un intervento medico o farmacologico; a questo punto, vista l’evidenza del sintomo, la pertinenza del caso potrebbe essere di un terapeuta con una specializzazione in ambito evolutivo e familiare.
A prescindere dalla caduta, nella vostra vita ci sono stati degli eventi stressanti, anche per Manuele, il quale ha manifestato un disagio rispetto alla possibilità di affrontarli con le sue sole forze.
In realtà nessun bambino dovrebbe affrontare le tappe della crescita o gli eventi critici da solo, ma nel caso in cui i genitori stessi si trovassero ad affrontare momenti per loro delicati, come quelli della separazione o della ricostruzione del legame di coppia, è normale che le loro risorse nei confronti dei figli non siano più le stesse: in momenti in cui loro stessi hanno bisogno di sostegno, è difficile che possano essere per i figli un sostegno immutato.
E’ per questo motivo che spesso si suggerisce alle coppie in fase di separazione (soprattutto in presenza di figli) un sostegno psicologico che renda loro più semplice il percorso di elaborazione di alcuni temi che riguardano la loro vita familiare.
Con questo discorso, Federica, voglio trasmetterti tutta la mia comprensione rispetto al fatto che ciascuno di voi, immagino, abbia dovuto percorrere “un pezzo di strada in salita”.
I bambini si limitano a fare da “cartina di tornasole” rispetto a ciò che accade in famiglia,ed utilizzano il linguaggio corporeo grazie al fatto che è più immediato e lo utilizzano più spontaneamente degli adulti.
Spero di tranquillizzarti dicendoti che un sintomo, in età evolutiva, non è “grave” se non nella misura in cui ostacola la quotidianità del bambino, e va interpretato come messaggio alla relazione con l’adulto.
Questo significa non che va ignorato, ma che va contestualizzato, per meglio comprenderlo e risolverlo.
Il racconto stesso che mi indirizzi, del resto, per il modo in cui lo esponi, mi fa comprendere che tu stessa hai già messo insieme diversi pezzi del “puzzle”, e stai cominciando a costruire quel percorso di comprensione e consapevolezza che ti permetterà di aiutare Manuele a risolvere i “vostri” tic nervosi.
Non mi dilungo nella spiegazione clinica del tic, per la quale ti rimando ciò che ho scritto QUI, e che tu hai letto.
Ti hanno già suggerito di rivolgerti ad uno psicologo, ma mi chiedo cosa ancora ti trattenga dal farlo, dal momento che sin dai suoi 3 anni Manuele ha cominciato ad esprimerVi il suo messaggio sintomatico.
Non ci sono giudizi di merito nei vostri confronti, ma solo tanta comprensione rispetto alla vostra storia: immagino che non sia stato facile, per te, per tuo marito, per la vostra famiglia, attraversare questo momento delicato per la vostra relazione di coppia, e intuisco quanta fatica e quanto dolore debba avere caratterizzato quei momenti.
Forse tutto questo ha fatto sì che Manuele si sia sentito un pò “solo”, anche per fiducia da parte vostra nelle sue possibilità di figlio maggiore, o nelle sue doti di bambino sensibile.
Con le sue domande sulla sua responsabilità riguardo alla vostra separazione, Manueleesprimeva la sua richiesta di attenzione e il suo bisogno di ritrovare un pò di calma.
Oggi, ho la sensazione che Manuele non esprima qualcosa di diverso, ma manifesti il bisogno di essere guardato per quel che è (non solo dal punto di vista medico), un bambino che ha bisogno di calma, di certezze, di punti saldi di riferimento.
Riconosco il passo avanti che rappresenta per te scrivermi questa lettera: immagino che non dev’essere stato facile per te elaborare la decisione di rivolgerti ad un professionista delle relazioni. Forse qualche timore, che qui non esprimi, ti ha impedito di farlo fino a questo momento, nonostante i suggerimenti (o le tue stesse intuizioni) non siano finora mancati. Ti inviterei quindi a riflettere su questo aspetto, e a discuterne con tuo marito.
Il senso del tuo racconto, il filo conduttore di alcuni eventi che racconti, è proprio nel fatto di poter riconoscere la possibilità di favi sostenere in modo da lasciar emergere le vostre risorse individuali, e come queste possono incontrarsi sinergicamente per crescere come famiglia.
Ma non tutti i membri della famiglia sono uguali: lasciamo che i bambini facciano i bambini, e che la cura, la responsabilità, il sostegno, riguardino il ruolo genitoriale.
Propenderei per la possibilità che un percorso psicoterapeutico possa essere centrato su te e tuo marito, e non sul piccolo Manuele: mi sembra abbastanza affaticato rispetto a degli eventi che gli sono già capitati, da evitargli il carico di un percorso terapeutico che lo veda protagonista.
Il modo in cui solitamente si procede, in questi casi, è un consulto al quale potete partecipare tu e tuo marito, esponendo i sintomi di Emanuele, così come la vostra storia familiare, ma in sua assenza, di modo che vostro figlio non si percepisca come “un problema”.
Può seguire a questo l’osservazione di tutto il nucleo familiare, con entrambi i vostri figli, che permetta di vedere chi siete, come siete, come interagite tra di voi (e tante altre informazioni che lo specialista in questione dedurrà dall’incontro).
In seguito lavorerei sul vostro ruolo genitoriale, attraverso delle sedute di coppia, per stabilire com’è possibile aiutare voi ad aiutare Manuele.
Questo mi sembra un aspetto importante per attribuire senso alla vicenda: ci sei tu, una mamma che chiede aiuto per aiutare suo figlio, ed in questo riconosco tutto il tuo coraggio e la tua sensibilità, entrambi ottimi punti di partenza perché tutto si risolva nel migliore dei modi.
Spero che la mia risposta ti abbia aiutato a riflettere ulteriormente su alcuni aspetti, e che ti abbia tranquillizzato.
Resto a tua disposizione per ulteriori chiarimenti, o per la scelta del professionista rispetto alle risorse professionali del tuo territorio.
Ti faccio i miei migliori auguri.
Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta
Marilina dice
Gentile Dott.ssa Agnone, ho letto con molto interesse la Sua risposta alla Sig.a Federica che scriveva per il problema di tic del figlio Emanuele.
Anch’io ho um bimbo di 9 anni che soffre saltuariamente di tic agli occhi. Avevo l’impressione che i tic comparissero solo nei momenti di stress scolastico, ma mi rendo conto leggendo la lettera della sig.a Federica che anche la normale lite tra mamma e papà, può portare a questo tipo di disturbo nel bambino.
Noi abitiamo a Vicenza, sarebbe così gentile da consigliarmi un psicoterapeuta per noi genitori, possibilmente in queste zone? Ho capito che dobbiamo lavorare su di noi…la ringrazio sentitamente per la sua professionalità e per la risposta che mi potrà inviare.
Grazie saluti
Marilina Meneghin