Domanda
Gentile dottoressa Agnone,
sono la mamma di una meravigliosa bimba di 4 anni e le scrivo per chiederle aiuto su un “problema” che non riesco a superare. Mia figlia sembra non avvertire in alcun modo lo stimolo a fare pipì durante la notte.
Le abbiamo tolto il pannolino di notte da ormai un anno e non vediamo nessun progresso: ogni notte ci alziamo almeno 2 volte per accompagnarla in bagno, ma non sempre è sufficiente. Lei spesso non si accorge nemmeno di aver fatto pipì, finendo per restare bagnata e infreddolita per ore fino al nostro intervento.
Anche il suo papà da bambino (fino almeno agli 8 anni) ha sofferto di enuresi e ancora ricorda con angoscia questo disagio.
Non so se a 4 anni la nostra bimba è ancora piccola, ma vorrei capire quale possa essere l’atteggiamento giusto fin da ora.
Ovviamente non la colpevolizziamo o sgridiamo mai e questa è l’unica nostra certezza, ma abbiamo mille altri dubbi: è giusto premiarla quando non la fa? Oppure è inutile perché è una cosa che lei non è in grado affatto di controllare? Può essere utile usare le mutandine assorbenti? Oppure rischieremmo di umiliarla o non responsabilizzarla? E poi: devo pensare che sia l’espressione di qualche suo disagio emotivo? È una bimba serena e allegra, anche se riconosco che spesso ha paura di sbagliare…forse le chiediamo un eccessivo autocontrollo e poi durante la notte per reazione si lascia andare?
Quante domande…spero possa darmi qualche piccolo suggerimento o un po’ di conforto perché immagino che il “problema” sia più mio che non di mia figlia, ma non vorrei comunque farlo ricadere su di lei…
La ringrazio infinitamente per la sua attenzione e le auguro buon lavoro,
Laura
Risposta
Cara Laura,
riferendomi ad una delle tue ultime righe, quel che ci racconti è di sicuro un “problema vostro”, perché riguarda voi come famiglia.
L’enuresi notturna è un fenomeno abbastanza comune per molti bambini, riguarda mediamente due bambini su trenta. Non è da considerarsi un problema, o un disturbo: tecnicamente si dice che è un “comportamento disfunzionale”, che solo in rari casi è associato ad una patologia (ad esempio un’infezione urinaria) o è legato all’immaturità dell’apparato vescicale. Non tutti i bimbi, infatti, imparano a controllare la vescica durante la notte alla stessa età, e se episodica l’enuresi può essere normale fino ai 5-6 anni.
Questo significa che nella maggior parte dei casi l’enuresi è legata ad altro. Un “altro” che per me è difficile valutare se non con degli incontri di persona. E’ impossibile per me darti delle indicazioni personali senza avervi mai incontrato, e questo mi costringe a fare delle supposizioni che potrebbero avvicinarsi, ma non è detto, alla vostra esperienza familiare.
Ti propongo quindi delle piste come degli spunti di riflessione, che rimarranno tuttavia nell’ambito di un discorso molto generico.
L’enuresi è considerato un comportamento che va attenzionato nel più breve tempo possibile, ed in questo trovo preziosa la tua sensibilità, non tanto perché debba essere trattato dal punto di vista terapeutico o farmacologico, ma perché sicuramente interferisce con la sfera psicologica e sociale del bambino.
I bambini, infatti, vivono questi episodi come un fallimento, e li considerano un evento frustrante e stressante, che sicuramente interagisce con la loro autostima e con la considerazione di sé.
Per meglio dire, quindi, è un comportamento che va ascoltato nel suo valore di messaggio corporeo e relazionale.
“Pipì” e “addormentamento” mi richiamano due fasi importanti per lo sviluppo del bambino, che sono quelle dell’addormentarsi da soli, o di dormire nella propria stanzetta, e di togliere il pannolino. Entrambe segnano lo sviluppo dell’autonomia ed il distacco da una dipendenza più marcata dai genitori, in particolare dalla mamma.
Per il bambino queste due fasi sono un momento veramente delicato, che gli fa sperimentare sia la paura che la gioia del cambiamento, del fare da solo.
E’ molto importante sostenerlo in questo periodo, sia nella vita familiare, che in quella scolastica.
Ti farei quindi qualche domanda su come è andato per voi questo periodo, come avete affrontato queste tappe, quali vissuti le hanno caratterizzate, sia per quanto riguarda voi genitori, sia per quanto riguarda la bimba.
Un altro discorso, ugualmente importante, è invece la vostra routine quotidiana: non solo nelle fasi precedenti, ma anche nel momento attuale. Che lavoro fate, che orari avete, come vivete le vostre giornate, con chi abitate, cosa fa la bimba durante il giorno, con chi sta, con chi è quando non ci siete, chi dei due genitori vede di meno…
Simbolicamente l’enuresi rappresenta infatti una necessità di ordine, di controllo (il controllo vescicale!) che nella quotidianità il bambino non riesce a percepire o sperimentare. L’enuresi esprime quindi sia una richiesta (di controllo e di ordine) sia un tentativo di controllare qualcosa di preoccupante.
Secondo alcuni autori l’enuresi è anche la rivendicazione di uno spazio personale.
È possibile che in questo momento vostra figlia si senta (scomodamente) al centro dell’attenzione per qualche motivo, o, al contrario, un pò trascurata su alcuni aspetti che per lei sono importanti e ai quali (umanamente!) voi non avete fatto caso. È possibile che qualcosa che sta avvenendo nella vostra famiglia le appaia come causa di “disordine” quotidiano. È possibile che ci siano dei momenti in cui si sente troppo sola, le manca qualcuno (lutti, separazioni, eccessivo lavoro di uno dei genitori…)
È sicuro che sta cercando a modo suo di dirvi qualcosa.
Quando parliamo di sintomi nell’infanzia, infatti, dobbiamo pensare che il bambino manifesta sia un proprio disagio, sia un disagio che appartiene alla famiglia per intero.
Ora, non dobbiamo immaginarci chissà quale scenario catastrofico: i bambini sono molto sensibili, ed anche (ad esempio) un cambiamento improvviso, una situazione lavorativa instabile o impegnativa per uno dei due genitori, può diventare per loro molto complessa da attraversare se non adeguatamente sostenuti.
Ci sono diversi modi di attraversare emotivamente una situazione: questo è uno dei tanti modi possibili.
La cosa più interessante è che anche il papà della bimba ha utilizzato nell’infanzia lo stesso linguaggio per esprimere una necessità, un bisogno. Sarebbe interessante quindi poter lavorare con lui su questo, e tentare di utilizzare questa analogia tra padre e figlia come una risorsa che li avvicini, e aiuti la piccola a sentirsi più sostenuta. Sarebbe bene, ad esempio, parlarle di questa cosa: che anche al papà è successo, e che poi è riuscito a risolverla. Come ha fatto? Chi lo ha aiutato?
Provate, infine, a parlare con lei, o a giocare con lei, inventando delle storie (coi disegni, coi pupazzi…): provate a farle esprimere come si sente, cosa pensa, cosa la spaventa, se le piace la vita che fa, cosa non le piace, se avesse la bacchetta magica cosa cambierebbe, se le piace dove e come dorme, dove abita, etc.
Sono tutti aspetti della sua quotidianità che vanno indagati per capire quali sono i suoi vissuti in questo momento.
Credo che rivolgervi ad un terapeuta abilitato all’esercizio della psicoterapia potrebbe essere la strategia migliore in questo momento: non è tardi, ma non è nemmeno troppo presto. Rivolgervi a lui come coppia, come genitori, e chiedere aiuto ad affrontare alcuni temi che vi riguardano, e che interessano anche vostra figlia, penso possa essere la strada migliore per imparare cose nuove su voi stessi e creare nuove forme di dialogo anche con la bimba.
Dal punto di vista pratico, cara Laura, credo sia inutile alzarvi molte volte durante la notte, come del resto hai constatato: senza alcuna espressione di fallimento, è sufficiente lasciarle il pannolino durante la notte e dormire serenamente, se potete. Sono convinta, del resto, che la serenità sia in questo senso il presupposto fondamentale per il cambiamento. Sono fermamente convinta che basterà occuparsene per migliorare già la situazione: quando perderà il suo valore comunicativo, il “sintomo” regredità spontaneamente.
È importante non sgridarla, come lo è valorizzare quelle volte in cui invece riesce. Dal momento che me lo chiedi, anagraficamente non mi sembra troppo piccola per comprendere questi significati, e nemmeno per imparare a trattenere la pipì di notte: inteso quello di cui ti ho parlato già, credo che la “pretesa di eccessivo autocontrollo” non riguardi tanto la sua pipì, ma qualcos’altro che dovete ancora comprendere.
Vi auguro di scoprirlo presto, e di fare chiarezza sul questa fase della vostra vita: quando cresce un bambino cresce anche una famiglia. Certa che saprete superare questo momento con le migliori risorse che avete, resto a tua disposizione per ulteriori dubbi o chiarimenti.
Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta
Caterina dice
Con Andrea ricordo che ho provato di tutto, tranne l’allarme notturno perché non mi sembrava il caso che svegliasse anche la sorella nel cuore della notte.
Per fortuna abbiamo scoperto per caso le mutandine Drynites, molto più “discrete” rispetto al pannolino. Niente più imbarazzo al mattino nel vedere il letto bagnato.
E poi, l’ingrediente fondamentale è la serenità dei genitori: quando io e mio marito abbiamo capito che è una fase della crescita e non c’è da allarmarsi, il bambino deve averlo percepito perché piano piano… è passata.