Domanda
Dott.ssa Agnone,
sono una nonna preoccupata per la nipotina di due anni e mezzo.
Da quasi due settimane i genitori hanno deciso di togliere il pannolino e dal terzo giorno anche durante il sonno notturno e pomeridiano.
In pochi giorni ha imparato a dire pipì e non si è mai bagnata.
La trattiene però per tutta la notte e tutta la mattina successiva. Ho la sensazione che abbia paura di bagnarsi.
Oggi mi sono accorta che dopo aver fatto popo’ nelle mutandine, è scoppiata in lacrime come se avesse combinato un grosso guaio.
L’ho calmata cercando di farle capire che non deve piangere, perché può succedere, e che la prossima volta riuscirà a dirlo prima (preciso inoltre che soffre di stitichezza da circa 4 mesi).
Secondo i genitori ho sbagliato, così non imparerà, avrei dovuto essere ferrea e dirle che nelle mutandine non si fa.
Sto vivendo una situazione di disagio, perché da 4 giorni le hanno tolto definitivamente anche il ciuccio.
È sempre stata una bimba serena e mi rattrista pensare che tutta questa “fretta” possa in qualche modo causare aspetti negativi caratteriali.
Grazie per l’attenzione
Ros
Risposta
Cara nonna Ros,
concordare una linea educativa comune tra tutte le persone che accudiscono un bambino non è di certo cosa semplice.
Da un lato ci sono i genitori che “rivendicano” la loro indipendenza di pensiero su come crescere il “loro” bambino, dall’altro però non sono i soli ad influenzarne lo sviluppo, specialmente nel caso in cui il bambino passa con i nonni o con altri adulti parecchio tempo della sua giornata.
Il controllo degli sfinteri è un processo che avviene non solo in seguito ad una maturazione fisiologica, ma anche relazionale e culturale: va da sé che tutti e tre questi elementi influiscono e si influenzano in questo processo. Nessuno dei tre può ritenersi meno importante degli altri.
E’ un momento delicato ed importante nella crescita di un individuo, e come tu stessa intuisci, ha degli effetti sullo sviluppo della personalità del bambino.
L’atteggiamento dei genitori è fondamentale, ma è esso stesso influenzato da fattori personali (la loro storia, la loro personalità) e culturali.
In ogni fase dello sviluppo, quindi, il tutto è determinato da un fitto intreccio in cui l’aspetto relazionale è fondante.
Come in molte cose, e per dirla con gli antichi romani, in media stat virtus: gli eccessi, sia sul fronte del permissivismo che dell’eccessiva rigidità, non sono mai auspicabili.
Dal punto di vista del bambino, è un periodo di grande curiosità verso questi oggetti misteriosi (cacca e pipì) che vengono dal suo corpo, e che sono oggetto di interesse ma anche di “disprezzo” (per il fatto di essere sporchi) da parte dei genitori. Sono dunque oggetti “ambivalenti”, che per un bimbo di due anni e mezzo (periodo 1,5-3 anni), non sono in realtà che oggetti come tanti altri.
I significati che il bambino attribuisce a questi oggetti e all’azione di trattenere-eliminare, pertanto, si costruiscono (come sempre mi vedete scrivere) all’interno di una relazione.
Si legge spesso del significato di dono che il bambino attribuisce ai suoi escrementi, perché pur senza comprenderlo consapevolmente, ne coglie la valenza di condivisione.
Il bisogno di accettazione, da parte del bambino, in questa fase è altissimo, e fa sì che si sottometta alle richieste dell’ambiente pur di non “perdere l’amore dei genitori”. L’atteggiamento dei genitori, per contro, è determinante, perché solo la trasmissione di un messaggio di accettazione incondizionata permette al bambino di muoversi con sicurezza verso l’autonomia.
Sia che parliamo di controllo sfinterico che di qualunque altra tappa dello sviluppo, da una parte la spinta verso “il nuovo” dev’essere rassicurante ed incoraggiante (oltre che adeguata all’età), dall’altra è importante che il bambino comprenda che sbagliare fa parte della vita, e che gli sbagli non sono irreparabili, ma al contrario sono una tappa lungo il percorso di qualsiasi apprendimento (come di dice, “sbagliando si impara”).
Attraverso il corpo (gli sfinteri, in questo caso) passa un’esperienza che racchiude in sé significati ben più importanti, e che caratterizzeranno una modalità di interazione con l’Ambiente circostante (trattenere/lasciare andare) per tutta la vita: basti pensare al modo di vivere le emozioni, la rabbia, la gioia; al rapporto col denaro; al significato di efficienza-produzione; al modo di conformarsi alle regole o di “aggredirle” per farle proprie. La nostra “socialità”, il nostro modo di “stare-con”, si costruisce attraverso il corpo ed il suo modo di “essere nel mondo”.
Quanto sono importanti queste primissime fasi dello sviluppo, e quanto è determinante la relazione che abbiamo con gli adulti che ci accudiscono in questo periodo della vita, è superfluo dirlo.
Il valore della “ribellione”, che talvolta, qui, in altri articoli, abbiamo definito “aggressività”, è stato più volte sottolineato come positivo, e rimane anche nel significato di rifiuto, stitichezza, o al contrario di un bisognino che scappa.
Non c’è cibo che possa essere ben digerito se non adeguatamente masticato, non c’è elemento del mondo che possa essere assimilato e fatto proprio senza un’adeguata “aggressione”.
È per questo che il ruolo degli adulti, in queste fasi, dovrebbe essere rassicurante, in modo da proseguire quel percorso che inizia con la nascita e che ha come fine un messaggio di fiducia nell’esistenza: non si può essere persone felici se non si è stati bambini convinti che il mondo sia un posto che vale la pena vivere.
Una ribellione, un errore, uno sbaglio, che fanno parte della naturale inclinazione di ogni individuo ad essere spontaneo e volubile, appartengono alla bellezza della libertà di “impadronirsi delle cose o allontanarle ostinatamente” (Erikson).
La consapevolezza del genitore, insieme alla pazienza verso i tempi del bambino, fanno parte di quella lezione che insegna qualcosa non soltanto ai piccoli, ma anche a chi si prende cura di loro.
Come nonna, comprendo la tua difficoltà: ti senti coinvolta ma non sei l’unica a decidere quale atteggiamento tenere con la piccola. Ancora una volta, c’è da guardare all’insieme delle vostre relazioni familiari nel suo complesso (c’è da chiedersi, infatti, come mai il problema è avvertito da te che scrivi e come è avvertito dai genitori).
Posso solo suggerirti di parlare con i genitori della bambina, e provare a concordare con loro una linea educativa ragionevole: da quel che descrivi, il tuo atteggiamento mi sembra incoraggiante, e concordo con te sul fatto che “gli errori” durante questa fase (il farla addosso) non possono essere definiti tali, e con la linea dura non si ottiene che il timore da parte del bambino, che imparerà per paura e non per convinzione.
Ci sarebbe anche da capire il motivo per cui i genitori della piccola abbiano maturato queste convinzioni: è possibile che anche loro stiano attraversando un momento di fatica, e che abbiano bisogno di sostegno.
Penso sarai in grado di offrire il tuo aiuto e la tua saggezza, oltre che un buon consiglio riguardo all’orientarli verso un professionista di competenza (se necessario).
Faccio tanti auguri a voi tutti, perché credo siate in un momento di crescita particolarmente intenso. In bocca al lupo.
alessandra dice
SALVE A TUTTI SON MAMMA DI UNA BIMBA DI 2 ANNI E MEZZO E DA CIRCA UN MESE SIAMO RIUSCITE A TOGLIERE IL PANNOLINO SENZA ALCUN PROBLEMA. FINO A QUI TUTTO BENE POI IL PROBLEMA E’ GIUNTO NEL MOMENTO IN CUI LA PICCOLA DOVEVA FARE LA POPO’. SI RIFIUTAVA DI FARLA NEL GABINETTO E PREFERIVA FARLA NELLE MUTANDINE. POI UN BEL GIRONO HO TEL ALLA PEDIATRA E LE HO SPIEGATO IL PROBLEMA, LEI IN UN BATTER D’OCCHIO MI HA DATO UN OTTIMO SUGGERRIMENTO. QUALE? METTETE UNO SGABELLINO SOTTO AI PIEDINI E VOLENDO ANCHE IL RIDUTTORE. PROVATE FUNZIONA. CIAOOOO
Ros dice
Gent.ma Dott.ssa
La ringrazio molto per la sua disponibilità; la mia nipotina in breve tempo ha imparato quando deve dire pipì e popò, e questo mi tranquillizza.
Trovo giuste e adeguate le sue parole per il fatto che fattori personali da parte di un genitore abbiano potuto influenzare il metodo e a questo si è aggiunto appunto anche tanta stanchezza.
Poi ci sono state le vacanze estive, lei e i suoi genitori da soli; adesso che sono tornati e ho avuto modo di avere la bambina con me, ho notato un cambiamento in positivo. Ho notato però, per contro, che se trattiene più di due giorni, le viene detto che la farà con un clisterino; allora la bambina prima che arrivi il momento fa popò. Per paura? Io penso di si ma, secondo me, questa è una domanda che non si pongono i genitori: ho la sensazione che per loro sia importante l’evacuazione e che non importi il metodo. Mi consola il fatto che li vedo comunque molto più attenti e premurosi. Forse avevano davvero bisogno di staccare la spina per concedersi un meritato riposo e potersi dedicare solo alla loro bambina. E intanto crepi il lupo!
La ringrazio ancora per il suo interessamento al mio problema e le porgo i miei più cordiali saluti.
Nonna Ros