Domanda
Buongiorno, ho un bimbo di tre anni, l’ho avuto a 42 anni.
Vorrei sapere come fare per eliminare il pannolino, già da un mese tento ma senza successo
Fà la pipi dovunque e quando lo richiamo mi guarda e sorride, sembra non capire quello che gli dico.
E’ normale che alla sua età ancora non mi segua bene nei ragionamenti?
Se gli chiedo dove si fa la pipì mi risponde “nel vasino”, ma sembra una risposta automatica, senza che sappia in realtà il significato.
E’ figlio unico, molto amato e coccolato sin dalla nascita, allattato fino a gennaio di quest’anno.
Purtroppo il mio carattere mi porta a essere un po’ taciturna, e ho notato che mio figlio si relaziona poco con me: quando gli parlo non sembra prestare ascolto, e spesso non risponde, inoltre il suo linguaggio è ancora scarso, i discorsi articolati non riesce ancora ad esprimerli, è normale?
Grazie, saluti
Risposta
Cara mamma,
mi mancano tanti elementi per avere un quadro completo della vostra situazione, quindi mi atterrò alle poche righe che mi scrivi, cercando di darti il mio sostegno. Perché quel che penso, in fondo, è questo: che c’è una mamma che ha bisogno di essere sostenuta nel normale ma difficile percorso di crescita che spesso fa venire tanti dubbi e tante preoccupazioni.
Sei un pò taciturna, mi racconti, probabilmente, in questi casi, il confronto con le altre donne e le altre mamme può essere molto importante.
Ognuna di noi, almeno una volta nella sua “carriera di mamma”, si è chiesta se tutto fosse normale, o come fare a superare un fase, come risolvere un problema che ci crea disagio. Normale (ma faticosa) amministrazione.
La descrizione che mi fai di voi due, molto uniti, legati, dentro alle dinamiche dell’allattamento (o giù di lì) e della vostra coccolata relazione, mi fa pensare che sia vicina per voi una tappa molto importante, quella della separazione.
Ciascuna coppia madre-bambino ha i suoi tempi, non tutti ci arrivano nello stesso momento, ma di certo per tutti i bambini arriva quel momento in cui vogliono sperimentare la loro autonomia dalla mamma, e nello stesso tempo hanno bisogno di essere incoraggiati a non averne paura.
Non è facile: entrano in gioco tante dinamiche, tanti aspetti che riguardano la nostra storia, il nostro modo di essere stati bambini e di aver vissuto la nostra crescita.
E per la mamma? Possiamo dire lo stesso: per ogni mamma arriva il naturale momento in cui percepisce l’arrivo dell’autonomia tra sé ed il figlio, fosse anche in piccole cose, ed è un momento che tutte desiderano e temono.
Eppure l’atteggiamento dei genitori è fondamentale per il prosciugo di questo lungo cammino. Ti suggerirei di unire le forze, e di coinvolgere il papà del piccolo in questi piccoli traguardi da raggiungere.
Anche la mamma ha bisogno di essere incoraggiata a non averne paura: paura del nuovo e di qualcosa che non si è ancora sperimentato, di abbandonare le vecchie certezze per costruirne di nuove.
Senza un’adeguata fiducia nelle capacità del bambino e nella positività di questa fase, sarà impossibile che il bambino possa crescere e scoprire le meraviglie dell’autonomia.
Del resto, siamo nel mondo per camminare con le nostre gambe, per fare la nostra strada: pur essendo fondamentale il sostegno che riceviamo all’interno delle prime relazioni significative, lo scopo della crescita è andare per il mondo come individui.
L’eccesso di protezione fa male tanto quanto la spinta eccessiva all’autonomia: in tutto serve il giusto equilibrio. Se di questo non sei convinta tu per prima, non sarà possibile chiedere a tuo figlio, così piccolo, quella saggezza che solo un adulto può avere nel regolare la giusta distanza dalla sua base sicura.
Sarà quindi difficile per lui sperimentare la crescita, l’indipendenza, la deambulazione autonoma, il linguaggio nella sua valenza sociale (se mamma mi capisce, perché sforzarmi per farmi comprendere dagli altri?), la capacità di controllo degli sfinteri, e così potremmo continuare all’infinito.
Non c’è un metodo valido ed universale per togliere il pannolino, così come non ce n’è per superare tante altre fasi (lo svezzamento, smettere di allattare, insegnargli a camminare, a dormire da solo, e così via).
Ci sono tante cose da provare, e soprattutto c’è da sentire quando è il momento giusto (che è sempre un momento giusto dentro una relazione!), restando in contatto col bambino, fidandosi del proprio sentire e della propria capacità di osservazione. Quando si sente che non è pronto, l’unica strada è la pazienza e la tolleranza. Ogni bambino ha i suoi tempi.
Potresti tuttavia provare a chiedere ad altre mamme, cercare, confrontarti: sono mamma anch’io, e potrei raccontarti la mia, ma in questo momento credo sia molto importante che tu possa affacciarti alla condivisione dell’esperienza cercando la presenza più tangibile ed utile di chi vive queste esperienze vicino a te.
Se questo non dovesse essere sufficiente, ti suggerisco valutare la possibilità di un percorso di sostegno alla genitorialità: potrebbe essere un percorso di gruppo, o delle sedute individuali mirate alla ricerca della consapevolezza riguardo ad alcuni aspetti della relazione con tuo figlio. Il sostegno di un’altra persona potrebbe esserti molto utile nel crescere anche tu come mamma.
La famosa frase dice che compito dei genitori è dare ai figli le radici, ma anche le ali per poter volare lontano. “I figli non sono nostri, ma della Vita”.
Se avrai fede in questo, anche tuo figlio spiccherà il volo.
In bocca al lupo.
Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta
[…] approfondimenti. queste due sue risposte meritano davvero. Filed Under: Vita con gemelli Tagged With: gemelli, io mamma, […]