Domanda
Gent.le dott.ssa Agnone,
le scrivo in merito a mia figlia, di 8 anni, secondo anno di scuola elementare, una bimba molto intelligente e vivace ma che ultimamente mi dà qualche preoccupazione.
Circa 2 mesi fa la maestra mi segnala una certa disattenzione in classe (cosa prima mai successa) e a casa nascono alcune conflittualità in particolare con me (meno con il papà) che nascono su questioni banali e che assomigliano a capricci, prese di posizione che diventano conflitti.
Poco dopo cominciano gli incubi notturni: dopo che veniva consolata si riaddormentava.
Adesso sono iniziati i risvegli notturni, con relativa ansia prima di addormentarsi (sicuramente mi sveglierò, che cosa faccio, ho paura di avere paura ecc).
La conflittualità diurna mi ricorda i capricci che metteva in atto quando nacque il fratellino (anche se era più piccola e le manifestazioni diverse) che mi sento di affrontare con fermezza.
Sono molto preoccupata invece per i risvegli notturni che abbiamo affrontato in maniera un po’ ondivaga , rassicurandola con la nostra presenza, sgridandola, stando lì con lei ecc.
Ho chiesto esplicitamente se si sentiva turbata da qualche cosa in particolare ma la risposta è stata sempre negativa e un mese fa ha ammesso che le sto un po’ antipatica in questo periodo. La maestra mi segnala sempre una certa distrazione ma la percepisce allegra e serena.
Secondo Lei dovrei preoccuparmi seriamente?
La ringrazio per l’attenzione e la disponibilità
Elisa
Risposta
Cara Elisa,
“preoccuparsi” è una bellissima parola, e credo che ogni genitore dovrebbe farlo “seriamente” per i propri figli. Ovviamente dico questo in un senso un po’ estremo, per enfatizzare il senso, in realtà, della parola “occuparsi”, che richiede sempre grande responsabilità e impegno.
Senza stare accanto a voi, senza guardarvi, non mi è semplice aiutarti a leggere quel che accade: è quindi necessario che lo faccia tu, con molta attenzione, senza cercare interpretazioni o risposte che tua figlia, essendo ancora una bambina, non è in grado di esprimere con chiarezza.
Raccogliere il senso di quel che le accade, infatti, se pure è immediatamente disponibile al suo comportamento, può non esserlo alla sua comprensione, dato che si tratta solo di una bambina.
Sicuramente il disagio che lei esprime ha un significato, e tutti i segnali che in modo molto accurato hai colto, voglio dire qualcosa.
Come più volte ho scritto, la nostra è una vita di relazione e, per questo, ogni significato è da cogliere dentro i rapporti che viviamo quotidianamente, che sono in grado di modificarsi e modificarci a seconda dell’Ambiente in cui si esprimono.
Ciò significa che il comportamento di tua figlia ha il senso di darti un messaggio, (ancora di più per il fatto che si rivolge a te quando ti dice che sei antipatica) esprimerti una difficoltà.
Nel mio modello epistemologico dò sempre per scontato che il senso delle azioni di ogni individuo, grande o piccolo che sia, è sempre quello di voler raggiungere qualcuno: che poi in questo ciascuno di noi sia bravo, ci riesca, si blocchi, o scelga la strada più difficile o dolorosa, è una cosa che capita, anche con i nostri figli.
Mi colpisce che tua figlia ti abbia detto che “sei antipatica”: si potrebbe cercare di individuare meglio cosa intende, allo scopo di prendere consapevolezza di quali bisogni lei non sente accolti e valorizzati, cosa “non stai facendo per lei” dal suo punto di vista.
Potrebbe anche essere un modo per dirti “mamma, smettila con questo interrogatorio” (plausibile, quando cerchiamo che i bambini ci diano spiegazioni che non sono in grado di dare).
Io proverei a guardarmi intorno a 360 gradi: sono certa che ci sono molte cose che possono interagire con il comportamento, e il disagio di ciascuno in una famiglia è espressione di elementi che si condividono, così come la sua soluzione sta nelle risorse di ciascuno.
Quindi, se fossimo ad un colloquio, ti chiederei qualcosa del papà, di te, del fratellino, di come trascorrete le vostre giornate, nella convinzione che tutto questo ha un significato nella storia che ci racconti.
Ma proprio nella condivisione di queste difficoltà, a mio parere, può esserci la chiave per superarle: il segreto, nell’intervento con un bambino, è sempre il sostegno che siamo in grado di dargli, il non farlo sentire solo rispetto alle difficoltà che incontra, la speranza che riusciamo a trasmettergli rispetto alla possibilità di farcela e di venirne fuori.
L’ansia, lo stress, sono elementi geneticamente determinati che hanno il bellissimo valore di fornirci un segnale che ci permette il cambiamento: leggerei così i suoi risvegli notturni, la sua preoccupazione, la sua disattenzione. Tutti segnali di un comportamento che esprime certamente un disagio, ma che offre anche una possibilità di esser-ci e di crescere insieme.
I bambini esprimono il disagio in modo fisico, diretto, ma i capricci non sono certamente una modalità per aggredirti, attaccarti, o farti una cattiveria: questo è un punto davvero difficile per un genitore, perché è anche vero che i capricci sfiniscono e non sempre ci trovano preparati e sensibili nell’accoglierli.
Eppure la chiave di svolta è proprio questa: accoglienza, ascolto empatico, comportamento non giudicante, parole che sostengono, disponibilità.
Sgridarla, perdere la pazienza, o andare su spiegazioni razionali, se pur umano non è un modo per aiutarla a superare le sue difficoltà. So che a volte questa è proprio la parte più difficile, ma è anche la prova attraverso cui dobbiamo passare per superare una tappa evolutiva non solo per lei, ma anche per noi genitori.
L’immagine che mi viene è quella di stare seduti accanto alla bambina per provare a vedere e sentire cosa le sta accadendo. C’è un proverbio indiano che dice che prima di giudicare qualcuno bisogna camminare per tre lune nelle sue scarpe: quanto è vero questo per un bambino!
Il mondo visto coi loro occhi è molto più complesso di quel che ci aspettiamo, e rivela aspetti che la nostra “adultità” ci porta ad ignorare, ma che per loro sono molto importanti.
Il comportamento è spesso la punta dell’iceberg rispetto a qualcosa d’altro, per questo motivo io proverei ad osservare un po’ tutta la vostra famiglia, ma anche le giornate a scuola: il punto è riuscire a capire dove tua figlia vuole andare, dove non riesce, e in cosa ha bisogno di essere sostenuta per raggiungerlo.
Credo che con la tua sensibilità e il tuo spirito di osservazione tu possa fare molto, ma credo sia importante che anche tu sia sostenuta in questo percorso, che non ha come protagonista solo tua figlia, ma soprattutto voi genitori.
Proverei a consultare un terapeuta: ribadisco che la psicoterapia non è soltanto cura della patologia, ma anche sostegno al cambiamento.
Chiedere aiuto, come genitori, ad aiutare vostra figlia è un gesto importante e significativo, che arricchisce tutti al di là delle soluzioni che può apportare al problema contingente.
Sarò poi nelle sue competenze trovare il modo di personalizzare un intervento che possa essere di beneficio per tutti.
Ti ringrazio di aver pensato a noi e di aver condiviso la tua storia, e spero che questo sia il primo passo di un cammino di crescita. Ti faccio i miei migliori auguri.
[…] questa storia, parlo di come l’ansia, la ribellione, i risvegli notturni, sono comportamenti del bambino […]