Domanda
Gentile Dott.ssa Agnone,
sono una maestra, ancora studentessa (seconda laurea in Scienze della Formazione primaria), madre di due bambine, di 4 e 2 anni.
Sono da sempre affetta da attacchi di ira che ho sempre riversato sulle persone a me più care ed ora lo sto facendo anche con la mia figlia maggiore.
La bambina, molto sensibile ed intelligente, ne soffre. Penso si senta inadeguata.
A scuola fa fatica a stare con gli altri, soprattutto nei momenti di gioco collettivo in gruppo esteso, lei se ne sta per lo più in disparte e fa giochi solitari. Presta molta attenzione ai suoi compagni di sezione, chiede spesso quando arrivano (lei è fra le prime ad arrivare alla mattina) e penso che rappresentino per lei un importante punto di riferimento anche se in realtà anche con loro non gioca, di molti spesso non ricorda nemmeno il nome (sono in una ventina).
Nelle attività è molto precisa e non smette di farle finché non sono finite, in maniera quasi maniacale. Io so che tutto questo è colpa mia, di ciò che le dico, degli attacchi di ira con cui affronto i suoi/miei problemi e dell’eredità genetica che le ho tramandato (ero come lei, forse le nostre mamme erano uguali ed hanno fatto con noi gli stessi errori).
Ho paura per lei, perché io ho sofferto moltissimo a causa del mio carattere e così mi avvolgo sempre di più di quel circolo vizioso dal quale non riesco ad uscire.
Più la amo e vorrei proteggerla e più la aggredisco creandole o amplificandole dei problemi! Come faccio a convincermi che va tutto bene? Come faccio a stare calma?
Risposta
Carissima,
grazie per la grande energia con cui trasmetti a noi il tuo racconto. E’ il segno che anche nelle situazioni difficili la vitalità e l’amore sono presenti e possono essere la chiave con cui innescare il cambiamento.
Mi dispiace non poter essere più dettagliata nel mio discorso, ma non conoscendo specificamente la situazione, provo a risponderti in modo generico.
Mi stupisce positivamente il tuo spirito di osservazione: hai colto nessi e descritto particolari con molta sensibilità ed attenzione. Penso sempre che quando questa dote è presente, la consapevolezza ha la strada spianata.
La domanda mi sorge spontanea, dopo aver letto le tue parole. Parli di rabbia… con chi e per cosa sei arrabbiata?
Naturalmente la risposta puoi tenerla per te, ma credo che questo sia il primo ed importante passo di un lavoro che ti riguarda. E’ importate trovare il contesto di un’emozione, ed il suo oggetto: insieme, permettono di comprendere il mondo di riferimento della persona, che è sempre diverso da individuo ad individuo.
La rabbia è un’emozione molto forte e complessa, che spesso incanaliamo nel modo sbagliato, lasciando che essa produca effetti per noi indesiderati. E’ però un’emozione arcaica, potente, ed importante, perché esprime tutta la nostra energia e la nostra vitalità, il nostro desiderio e la nostra capacità di cambiamento.
Attraverso la rabbia ci proteggiamo, esprimiamo il nostro desiderio di soddisfare un bisogno, ed io credo che la rabbia vada ascoltata fino in fondo, perché pur essendo un sentimento “scomodo”, è in grado di dirci cose che nemmeno immaginiamo.
La rabbia non ascoltata produce effetti secondari o indesiderati. Prendercela con la persone care è uno di questi, ma potremmo descriverne molti altri.
Ci sono anche varie intensità di rabbia, ad un leggero senso di irritazione fino alla collera.
Di per sé è una risposta adattiva, ma è importante che venga espressa nel luogo, nel contesto, nelle modalità, e denti le relazioni adeguate.
Da come ce la descrivi, sembra che la rabbia dentro la relazione con tua figlia non abbia il suo luogo adeguato, e che vi confluisca come un fiume che “straripa” da un “altrove” che noi non conosciamo.
La prima cosa che mi sento di suggerirti è l’importanza di un lavoro di consapevolezza. Un lavoro sulla consapevolezza richiede la disponibilità ad osservare se stessi, a fare il punto della situazione senza giudizio e senza ansia, semplicemente accettando ciò che si è.
Da questo deriva un senso di respons-abilità, che non è quello che normalmente intendiamo come “assunzione delle proprie colpe”: al contrario, la responsabilità è la capacità di produrre risposte adeguate in una situazione difficile, nella consapevolezza delle proprie risorse a cui attingere per farvi fronte, e dei limiti superabili o insuperabili che ci appartengono.
La rabbia, o meglio i suoi effetti, sono generalmente distruttivi, ma sono certa che può esistere un modo adeguato ed un luogo opportuno in cui riconoscere ed esprimere i tuoi sentimenti senza riversarli per effetto-inondazione (quando trattieni troppo da un lato, sconfina dall’altro).
La rabbia semplicemente “controllata”, e non accettata, infatti, non svanisce ma si trasforma in un’altra emozione, ed invece di avere risultati positivi, diventa dannosa. Al contrario, imparare a darle il giusto senso, il significato che ha per noi in un dato momento di vita, diventa un’opportunità, un segnale di un cambiamento che non possiamo più rimandare, di definire il “campo” (chi sono io, chi non sono, chi è l’altro diverso da me…), di riconoscere le nostre fragilità ed il nostri limiti.
Non conoscendoti, non posso dirti esattamente come esprimere creativamente la tua rabbia, ma ho fiducia nel fatto che il conflitto è il motore della vita, e quando pienamente sperimentato, vissuto ed espresso, è un potente agente di cambiamento.
Questo non è, ovviamente, un invito a lasciarsi andare a comportamenti irosi, o al contrario a ricercare la lotta dentro ogni relazione che abbiamo. Al contrario, ci sono situazioni in cui si comprende che l’ira è semplicemente nociva, e non ci porta da nessuna parte. Ognuno di noi, dopo un’attenta valutazione, trova il suo equilibrio e compie le sue scelte.
Ma questo è il traguardo finale, e la difficoltà è proprio giungere a quel momento in cui viene meno il disagio che tu esprimi quando riconosci che i tuoi sentimenti si riversano in modo poco costruttivo sulla relazione con tua figlia.
Non parlerò di lei, perché credo che in questo momento sia importante parlare di te. Penso che questa rabbia sia la soluzione che momentaneamente hai trovato per rispondere ad una situazione difficile, ma che adesso rischia di diventare disadattiva dal momento che ti crea disagio in altre situazioni di vita.
La mia idea è che in questo momento ti serva un incoraggiamento. E questo riguarda la possibilità di prenderti uno spazio tuo, nel quale tu possa prenderti cura di te stessa e fermarti a pensare al tuo status quo con legittimità e serenità.
Credo che questo percorso possa farlo consultando un terapeuta che ti aiuti ad orientarti rispetto a quel che stai vivendo, e provando a vedere cosa ne viene fuori. Ti dico questo nella profonda convinzione che l’aggressività è un segnale positivo, che, come nella sua etimologia, indica il movimento, l’andare verso qualcosa: ad-gredior.
L’aggressività ha la funzione di indirizzarci verso quello che è utile per noi, e di allontanarci da ciò che non ci serve.
Questo è il mio augurio per te: che questo possa essere solo il segnale di inizio per un cammino di comprensione, consapevolezza, ed arricchimento. E sono certa che compiendo questo percorso non da sola, ma con il sostegno adeguato, gli “effetti secondari” della rabbia svaniranno, lasciando a te come dono solo il suo potenziale creativo.
Ti faccio i miei migliori auguri, e ti auguro buon cammino.
Adriana dice
bellissimo quello che hai scritto spero ti sia laureata e la tua vita ti dia piu’ soddisfazione
Crisss dice
Ho letto tutta la pagina e mi sono sentita pienamente capita! Io vivo diverse delle vostre situazoni con scatti di pura follia e poi ci sto molto male perché mi scateno con mia figlia maggione(4anni) che è molto sensibile e piange puntualmente forse perché ha paura o non si sente accettata e mi chiede continuamente scusa per qualsiasi cosa io le riprenda…sono molto mortificata perché so bene che dipende dalla mia rabbia e dal mio impetuoso nervodismo! Anch’io cerco di impegnarmi a non urlare ma poi quel momento di fuoco arriva sempre…e non lo voglio:-( a volte cerco di dominarlo ma poi accerto che il sangue inizia a scorrere velocemente in me e scatto anche x un secondo distruggo tutto il lavoro di una giornata!!!
Mammaimperfetta dice
La conosco quella sensazione che dici. Quella che “ho rovinato tutti gli sforzi della giornata”.
Però la svolta arriverà quando l’essere calma e pacata non sarà più uno “sforzo” ma sarà la quotidianità. E l’urlo un’eccezione. Quel momento arriva, si spera non troppo tardi. Ma bisogna lavorarci. Io ci sono riuscita attraverso un continuo e ininterrotto mettermi nei loro panni. Aspetta, Silvia, tu sei Niccolò ora: cosa stai cercando di dire a tua madre che urla con questo apparente capriccio? Con me ha funzionato ma è un lavoro lungo e faticoso. Però ti restituisce serenità.
leviosa dice
Che commozione leggere tutte le vostre storie,tutte cosi simili alla mia…quello che ci accomuna é una grande energia e grande consapevolezza:non é da tutti!!!io vorrei solo dire una parola di incoraggiamento per tutte noi che amiamo cosi tanto i nostri figli:non smettiamo mai di provare ad essere migliori!la nostra forza nel rialzarsi e il non lasciarsi affossare dai sensi di colpa sia di esempio ai nostri figli!
miri dice
Ciao a tutte,
Mi sono imbattuta in questo sito perché sto cercando una soluzione alla mia collera ed aggressività, soprattutto verso il mio bimbo di 4 anni. Lui è la mia vita, lo amo come non amo nessuno al mondo, il pensiero che possa soffrire letteralmente mi distrugge. Ho avuto un padre aggressivo, con me e mia mamma, cosa che mi ha sempre fatto soffrire molto e mi ha sempre tenuto finché ho abitato con i miei in uno stato di allerta. Temevo per me è soprattutto per mia mamma, che al contrario è sempre stata una persona molto buona e pacata. Ho tanta paura perché sono sempre più simile a mio padre. Quel padre/padrone che mi ha sempre condizionato e fondato il nostro rapporto sulla paura… ancora adesso, a distanza di 7 anni che non vivo più con lui, soffro sempre quella paura che perda il controllo se contraddetto e che se la prenda con la mia mamma. Eppure, nonostante questo, nonostante la repulsione per un padre che mi ha messo paura tutta la vita, nonostante tutto vorrei tranne essere come lui, mi capita spesso di essere aggressiva con il mio amato bimbo e questo non lo sopporto e mi provoca infiniti sensi di colpa e avvilimenti. Vorrei essere più paziente e mai e poi mai vorrei far vivere a mio figlio ciò che ho vissuto io con mio padre. Ogni sera mi riprometto di essere migliore il giorno dopo e poi di nuovo succede che ricasco in bruttissimi comportamenti. A volte ho paura di me…
olivia dice
ANCHE IO SONO MOLTO COLLERICA ED ISTINTIVA….HO IMPARATO , RELAZIONANDOMI CON MIO FIGLIO , A MEDIARE TRA LA MIA ISTINTUALITA’ E LUI…..E’ UN CONTINUO “BANCO DI PROVA” CON I SUOI CAPRICCETTI, IL SUO FRIGNARE, IL SUO VOLERE IN MANO QUALSIASI COSA IO MANEGGI, IL SUO NON FARMI PARLARE CON NESSUNO , FORSE PERCHE’ VUOLE TUTTE LE ATTENZIONI PER LUI…DEVO DIRE CHE PIU’ PASSA IL TEMPO PIU’ ALLENO LA MIA PAZIENZA ED IL MIO SORRISO A 32 DENTI MENTRE VORREI SPACCARE TUTTO MA E’ ALTRETTANTO VERO CHE CI SONO CMQ DEI MIE MOMENTI NO IN CUI PERDO LA PAZIENZA ED URLO MA DIMINUISCONO SEMPRE PIU’….
Lamù dice
Cara Criss, mi sono fiondata a leggere la tua richiesta d’aiuto e le successive risposte, perchè riconosco alcuni tratti del mio carattere che mi spaventano.
La risposta della Dottoressa è stata illuminante, così come quella di Artemamma. Se dalla prima ho estrapolato la domanda chiave “con chi o per cosa sono arrabbiata?”, dalla seconda mutuo il consiglio ad accettare e lasciar andare. Bada bene, non ha usato la parola “perdonare”, che ti mette in un piedistallo dinanzi a chi ipoteticamente dovrebbe “meritare” il tuo perdono. ACCETTARE. Vuol dire anche aprire gli occhi su ciò che si ha, lasciarci dare.
Ti lamenti per ciò che i tuoi genitori, a tuo avviso, non ti danno. Nemmeno io posso contare su una casa in regalo… e costa più di 500 euro al mese! 😆
Ci ostiniamo a non capire il linguaggio delle altre persone e a pensare che, dato che parlano un’altra lingua, NON SAPPIANO PARLARE. Ebbene, prova a pensare che l’idioma dei tuoi genitori prevede sotto il termine affetto l’aiuto materiale. Non è poco. Non è poco PER NULLA.
Ciascuno di noi esprime i propri sentimenti in modo diverso e la fine delle relazioni è sempre da imputare alla tanto professata “incomunicabilità”. E cos’è questa, se non l’indisponibilità a sintonizzarci sulle lunghezze d’onda dell’altro?
Non c’è nulla di standard nelle relazioni, di universalmente giusto o sbagliato da dire o da fare. L’interpretazione di qualsiasi gesto o parola da parte di coloro ai quali essi sono rivolti è sempre un’incognita. Quante volte ti è capitato di dire “Che ingrato il tale! E pensare a tutto quello che ho fatto per lui…”. Forse, semplicemente, non l’ha visto. O sentito. O toccato. Perchè ciò che hai fatto per quella persona era “il regalo inadatto”.
Chi ha “sbagliato”? Tu a non capire di che cosa aveva bisogno o lui a non comprendere il tuo gesto?
Forse la casa, come dici tu, è “un obbligo” che i tuoi ti “dovevano”. Secondo il mio punto di vista no, ma io parlo una lingua diversa da te, perchè secondo me nessuno “deve” nulla a nessuno. Mio figlio quella casa, probabilmente, non l’avrà, nemmeno se ne avesse l’opportunità, perchè a me, arrangiarmi, è servito ad essere la persona che sono. E ne vado molto fiera.
Fai una prova: forse la tua rabbia nasce da qualche “grazie” in meno detto. Ringrazia per qualunque cosa, non solo quelle che fanno parte del tuo codice. Ti si apriranno tante porte che nemmeno immagini, anche da parte dei tuoi genitori.
E se il loro aiuto sarà “solo” quello che già ti hanno dato, pensa che sei davvero ugualmente molto fortunata, rispetto alla stragrande maggioranza delle persone.
Hai una bellissima famiglia e stai facendo il possibile per mantenerla tale ed incrementare il vostro livello di felicità. Sii grata a te stessa per questo.
A te, e a me, auguro di cuore un buon cammino nella consapevolezza!
marcella dice
mi sono imbattuta in questo sito alla ricerca di una risposta; ho letto con attenzione la risposta della terapeuta che condivido e i commenti profondi di tutte voi; anch’io faccio i conti con la mia ira ed ho cominciato un percorso di terapia è sto comprendendo che tutto è connesso al mio di periodo primale e la gravidanza e il bimbo hanno solo amplificato un malessere che deriva dal profondo della mia infanzia, laddove tutte le strutture potanti di un essere vivente si formano.
E’ stato illuminante leggere i libri di Willi Maurer e anche di Jesper Juul
Criss dice
Grazie…però centra poco con me…non mi ricordo di averla mai sculacciata. La rabbia che esplode nel mio caso è una rabbia autorivolta, sbraito cose secondo me per lei senza senso, qualche parolaccia, tanta aggressività e tanti “non ce la faccio più”. non si tratta di schiaffi e sculacciate…ma di situazioni nelle quali lei mi vede perdere il controllo…grazie comunque…
Cristiana dice
Ciao, ho letto tutto – domanda, risposta, commenti – e vorrei segnalarvi una guida, a mio parere fatta molto bene, che mi ha letteralmente aperto gli occhi (e il cuore) sui comportamenti che fanno soffrire i nostri figli e ci fanno soffrire.
Vi invito a prendervi del tempo (non tanto) e leggervela tutta.
http://www.radiomamma.it/news/a_mani_ferme_0
Criss dice
Certo che mi aiutano e te ne ringrazio.
ArteMamma dice
Sono una mamma single, sono rimasta sola quando il bambino aveva circa 7/8 mesi e in pratica lo sono sempre stata. I miei – ancora abbastanza giovani e che vivono a soli 25 km di distanza da me – non mi aiutano mai. Al limite se il bimbo è malato o lo siamo entrambi mi vanno a fare la spesa e in farmacia, mi lasciano tutto sul tavolo e vanno via di nuovo. Anche io, come te, ci ho sofferto tanto e, in parte, ne soffro ancora. Ma non lotto più. Credo che la chiave sia accettare: loro sono così e io non posso fare niente per cambiarli. Ho provato a parlarci e a chiedere in tutti i modi, ma non funziona. E allora ho deciso che accetto quello che sono, prendo quel poco che riescono a darmi e che è pur sempre meglio di niente, e vado dritta per la mia strada ringraziando ogni giorno per aver avuto mio figlio.
Gli unici fatti che puoi cambiare sono quelli che riguardano te e le tue decisioni: hai fastidio di abitare così vicino a loro? sei libera di affittare un appartamento e andare altrove. Oppure potresti apprezzare la fortuna di vivere in una casa gratis, senza dover pagare mutuo e/o affitto. Potresti vedere il bello che c’è nella tua vita: un marito che ti ama e condivide con te ogni giorno e due bambine sane e sensibili. Non c’è niente di scontato in tutto questo. Sono tutti doni della vita, perle da apprezzare e custodire con gioia.
Giusto e sbagliato dal mio punto di vista sono giudizi, che non fanno bene né a te né alla tua bimba. Potresti esprimere quello che senti – disagio, frustrazione, delusione – rispetto a quello che è accaduto e spiegare a tua figlia che preferiresti si comportasse diversamente.
Oppure rimandare, lasciar sbollire la rabbia magari facendo una corsetta o un po’ di lavori in casa e provare ad esprimere le tue emozioni in un secondo momento, a mente fredda. A volte è incredibile constatare come le cose cambino prospettiva…
Quelle sopra naturalmente sono considerazioni personali scaturite dal mio vissuto. Le ho condivise nella speranza che possano aiutarti.
🙂
Cris dice
Grazie per le due risposte, sia della specialista, che ringrazio per aver colto l’amore che ho per mia figlia ed il mio desiderio di trovare una soluzione, che della lettrice che da un punto di vista più pratico ha saputo inquadrare molto molto bene la situazione. Si, penso di sentirmi un po’ frustrata per una serie di circostanze negative, di occasioni mancate e problemi di rapporto non risolti. La mia prima figlia è una bambina molto intelligente e sensibile, più cresce e più me lo dimostra. La scorsa settimana, ad esempio, mi sono arrabbiata con i miei genitori perché per l’ennesima volta, non si sono resi disponibili ad aiutarmi ed io mi sono dovuta presentare ad un esame portando con me la bambina. In viaggio verso l’università, da sola in macchina con mia figlia, ho inveito contro di loro dicendo che non possono decidere di fare i nonni solo quando vogliono ma anche quando ne ho bisogno io e che dovrebbero volere più bene ai loro nipoti ed anche ai loro figli. Stavo straparlando, non perché non avessi motivo di arrabbiarmi con loro, onestamente penso che avevo ed ho molti motivi per essere arrabbiata con loro, ma straparlavo perché non si parla di bene mancato, non si parla così e da soli davanti ai figli e anche perché non si guida così. L’agitazione per l’esame, il nervosismo per non aver ricevuto l’aiuto di cui avevo bisogno, tutto mi faceva impazzire, fino a portarmi a quella situazione quasi di panico. Mia figlia invece, con calma e dal sedile posteriore dell’auto, mi dice: “Mamma, zitta, dille solo al tuo cuore queste cose, io non le voglio sentire!”. Mi sono azzittita all’istante. L’esame è andato bene, sono felice, ma ogni esame è uno strazio perché i miei genitori non mi danno una mano ed io sono arrabbiata terribilmente con loro. Non avendo l’aiuto dei miei genitori cerco quello di mia figlia e di mio marito, chiedendo a loro quasi l’impossibile, arrabbiandomi con loro quando arriva la data dell’esame vedo che sono solo giunta a metà del programma. Pretendo la massima collaborazione da mia figlia, così quando non la ottengo inveisco letteralmente contro di lei. A volta la rabbia c’è anche quando non ho esami da dare, ma è sempre collegata ai miei genitori, ed ai momenti in cui mi arrabbio con loro e non riesco a farmi ascoltare, a fargli capire quanto ho sempre sofferto e quanto soffro ancora per quello che non mi danno. Il problema è che vivo nella loro casa, al piano di sotto e che per forza di cose ho a che fare con loro ogni giorno. E qui, qualcuno, come ad esempio mia sorelle potrebbe dire che l’aiuto me lo hanno già dato lasciandomi quell’appartamento. Ma io non la penso così, sono loro figlia e per me è il minimo che avrebbero potuto fare per me o che fare io per i miei di figli. Dovevo sposare un marito ricco ma ho sicuramente scelto l’amore piuttosto che i soldi. Ma con quali fatiche? Ma lasciamo perdere, io li conosco bene purtroppo i motivi della mia rabbia e li sto gestendo. Ho cominciato a non chiedere più niente ai miei e questo è già un buon inizio. ho smesso di pretendere da loro alcunché. Le bambine hanno fatto entrambe il nido dagli 11 mesi, hanno anche avuto una baby-sitter per i periodi in cui lavoro ed esami si concentravano. Sono arrabbiata con loro perché da gennaio 2009 pago 500 euro al mese di nido, quando loro non lavorando ed essendo piuttosto giovani avrebbero potuto aiutarmi. non posso nemmeno affidarmi alloro per accompagnare le bambine al nido o alla scuola materna perché non vogliono avere questo impegno, e così dovendo partire io alle 6.30 di mattina perché insegno a 60 km da cosa, mio marito le deve accompagnare entrambe lui e fare magie per essere al lavoro entro le 8. Cerco di limitare il più possibile i contatti con loro, meno gli cheto e meno mi arrabbio per i no che mi dicono. Così ho imparato a gestire la mia rabbia e funziona. E da quando ho imparato a farlo la mia rabbia nei confronti di mia figlia si è attenuata notevolmente. Mi mancano ancora una decina di esami (ne avevo in avevo in tutto 46 pur provenendo da una seconda laurea) ed una volta laureata avrò un posto fisso (o quasi) e comunque sia più vicino a casa, qualche problema economico in meno, anche perché non dovrò più pagare un nido caro come l’oro, e qualche soddisfazione lavorativa in più. Tutto questo ha una soluzione, la conosco e la vedo, la sto raggiungendo, ciò che però mi terrorizza è che la mia rabbia possa causare dei danni psicologici, sociali, relazionali a mia figlia. Ho quindi domanda per mammamsterdam, dici che è passato un po’ di tempo da quando questa rabbia colpiva anche te, ciò significa che tuo figlio è cresciuto e che quindi puoi meglio vedere se ciò che è stato ha lasciato o meno segni indelebili su di lui. E’ questa la mia grande preoccupazione. Io ogni volta che mi arrabbio a dismisura con lei, lascio il tempo a me e a lei di pensare a quel che è successo, mi avvicino a lei gradualmente, perché non mi voglio imporre se lei è ancora arrabbiata con me e poi le dico: “Amore mio, tu hai sbagliato, ma anche la mamma lo ha fatto. Si è arrabbiata troppo con te, quel che hai fatto non era poi così grave, devi però imparare a fare giusto. anch’io imparerò a fare giusto. Sbagliare si può, lo sai? L’importante è accorgersene, e quando si sbaglia con qualcuno che si ama, chiedere scusa. Scusa amore mio. ”
Grazie, un abbraccio. :heart:
Mammamsterdam dice
Alcune cose che dice la lettrice le riconosco e di me posso cosa ho riconosciuto nel suo racconto: ero una madre non giovane e molto impegnata lavorativamente e non, quando i miei figli avevano l’ età delle sue e a un certo momento mi sono accorta che i miei attacchi di impazienza erano molto diretti al figlio maggiore, forse perchè essendo lui il grande mi aspettavo, in maniera a volte irrealistica data la sua età, che mi aiutasse, che fisse quello responsabile, che non dovessi ripetergli le cose infinite volte. volevo il soldatino, un bambino che dorme quando deve dormire, mangia quando deve mangiare, gioca quando deve giocare e non mi crei ulteriori intoppi visto che ho tanto da fare. Ovvio che ho capito anch’ io che non poteva andare avanti così. A suo tempo ho seguito diversi tipi di sostegno, più che altro quelli che la vita mi metteva davanti. Ma da una psicologa sono andata anni dopo, quando ho subito un brutto lutto da cui non riuscivo a venir fuori e che mi accorgevo pregiudicava l’ umore e la serenità di tutta la famiglia.
Ecco, dopo alcune sessioni con la terapeuta, che a volte si serviva di tecniche di ipnosi per aiutarmi a rendermi conto di cose che magari sapevo benissimo, ma che tocca imparare ad applicare praticamente, ho deciso di smettere per un po’ di vederla. Nel discutere quale fosse il vantaggio più immediatamente percepibile per me della terapia, mi sono resa conto che avevo finalmente il coraggio di arrabbiarmi, Io gli scatti d’ ira li ho sempre avuti, ma li temevo, avevo paura di perdere il controllo, mettermi a urlare, fare la pazza. così mi scattavano solo appunto con i figli e a volte il marito, o mia madre.
Mi sono resa conto che in realtà i miei scatti sono frustrazione per non saper dire di no, per non essere capace di delimitare i miei confini con gli altri. Sono una persona estremamente disponibile, voglio che tutti mi vogliano bene, ma poi questo pesa. E se non mi incazzo, mi macero e sto sveglia di notte.
Ecco, a me la terapia è servita a questo, ho avuto la fortuna di conoscere questa psicologa che lavora su cose concrete e in tempi relativamente brevi. molte persone pensano che a loro un terapeuta non occorra, perchè ci arrivano già da oli a capire le cause del loro problema e le soluzioni. Si, ma quello siamo capaci tutti. La cosa difficile è applicare quei cambiamenti di atteggiamento che portano gli altri a comportarsi diversamente con noi o comunque noi a non patirci. Per questo io sono felicissima di aver intrapreso questo percorso, lo raccomando a chiunque, ma capisco perfettamente che bisogna arrivare a un punto in cui uno si decide da sé a cercare e trovare una persona valida. Sapendo che all inizio chi ci circonda potrebbe persino trovarci antipatici perchè finalmente iniziamo a mettere dei paletti, ma sul lungo termine siamo tutti più felici e si tagliano tanti rami morti che impicciano e tolgono energie alle cose veramente importanti nella vita, nel mio caso la mia famiglia e il mio lavoro.
Marta dice
Ciao Mammaamsterdam, é incredibile come, leggendi le tue parole, leggevo ka mua personalità. Anche io alle prese con la perdita di controllo con manifestazioni di rabbia..con 2 bambine di 2 e 4 anni, e con una strutturale incapacità a confliggere, a dire no,a difendere i miei sacrosanti “limiti ” dal mondo. Geazie per avere condiviso la tua esperienza.