Domanda
Gentile Dott.ssa Agnone,
mio figlio di 2 anni e 8 mesi frequenta una ludoteca per bambini 0/36 mesi 3 volte alla settimana, con me o con la nonna.
Ha avuto da 5 mesi una sorellina e da quel momento, in particolare da 2 mesi, gioca spesso a fare il mostro, a trasformarsi in super-eroe, fa la faccia dura per spaventare gli altri bambini, ma non è mai aggressivo, lo fa giocando e sempre dolcemente.
Noi genitori siamo abbastanza rigidi sulle regole, mai violenti, ma fermi.
Lui è vivace,educato, parla molto bene, rispetta le regole ma le educatrici mi hanno fatto notare che questo comportamento è probabilmente legato al fatto che è arrabbiato.
Io non capisco perché dovrebbe essere arrabbiato, è presente in tutte le scelte di famiglia, ama la sua sorellina (e con lei non fa mai il mostro per esempio).
Cosa devo fare?
Oltre a dire “ti capisco so che stai attraversando un periodo diverso ora sei un fratello..” non so che fare.
Le educatrici tra l’altro, mi hanno detto che l’inserimento alla scuola materna sarà difficile perché lui lo vedrà come un ulteriore abbandono…dopo la sorellina l’a scuola.
Io non so che fare, lui ama molto l’indipendenza,dorme anche da solo dai nonni,non credo sia cosi tragica come me lo anno fatto intendere le educatrici,clei cosa mi consiglia?
Grazie
Risposta
Cara mamma,
lnascita di un fratellino è un evento talmente importante da essere davvero difficile da comprendere fino in fondo.
Per noi che siamo adulti, metterci nei panni di un bambino è un’impresa titanica, anche se anche noi lo siamo stati prima di loro.
Non si è mai abbastanza preparati, e ci si riesce sempre con grande impegno e buona volontà.
La tua lettera mi suscita diverse riflessioni, che proverò a condividere con te.
La prima riguarda proprio una delle tue ultime frasi: “lo capisco che stai attraversando un periodo diverso, ora sei un fratello”.
Insisto sempre sul fatto che il contenuto di un messaggio non fa la differenza, se non è coerente al nostro comportamento. Nello stesso tempo, queste parole sono troppo difficili per un bambino così piccolo.
Dirgli “lo capisco” e poi scrivermi che non capisci perché dovrebbe essere arrabbiato è un punto di non coerenza, che potrebbe essere una cosa irrilevante, o potrebbe invece confluire nella vostra quotidianità, lasciando un senso di disagio nel piccolo.
Ovviamente, io non posso sapere se tuo figlio è davvero arrabbiato o no, se le educatrici hanno visto bene o stanno interpretando, senza avervi mai incontrato; devo quindi fidarmi di quel che mi racconti e prendere per buona questa possibilità.
E’ pur vero, d’altro canto, che la nascita di un fratellino suscita rabbia, fastidio, risentimento, per quel senso di tradimento che ogni bambino prova davanti al fatto di non essere più l’unico.
Riguardo a questo, ti invito a lettere due articoli che ho già scritto (Capricci e regole, essere primogenito e La nascita di una sorella e le difficoltà di relazione).
Troverai qui degli spunti spesso ripetuti, che sono il filo conduttore della sezione “Quando nasce un fratellino“, che trovi nella mia pagina.
Il difficile compito di una famiglia che allarga i suoi confini non è tanto nel cercare la pacificazione dei conflitti, ma di lasciare esprimere l’aggressività che presuppone l’adattamento.
Se non “mordi”, non sai se il boccone è buono per te, se puoi ingoiarlo o sputarlo, e se non mangi non cresci.
Ancora più importante è quel sostegno che viene richiesto ai genitori perché siano capaci di distinguere l’unicità di ogni figlio (da quando viene al mondo il secondo fino alla fine della loro vita!) amandoli ognuno perché se stesso.
Essere visti è riconosciuti come individui è l’unico modo possibile di essere amati, ed anche quando ci sembra di farlo egregiamente, loro, i piccoli, per fortuna ci ricordano dove sbagliamo e in che cosa possiamo migliorare. Perché nessuno più di loro sono nostri maestri nell’arte della genitorialità, e noi siamo alunni lenti e testardi.
Riguardo ai mostri, ci sono diverse possibilità.
La prima riguarda un fatto culturale: i mostri sono modelli a cui i bambini di questa età sono esposti, e dipende da noi stabilire in che grado accettare questo fatto. Se non ci piacciono, dobbiamo necessariamente selezionare il tempo e la qualità di ciò che guardano in tv (il gioco coi coetanei può influire, per imitazione, ma non credo sia determinante), e dirigerli verso altre storie ed altri personaggi. I bambini, del resto, sono capaci di amare le storie, di qualsiasi cosa esse parlino.
La seconda riguarda il fatto che il bambino si esprima così solo in ludoteca.
Può essere un modo di esprimere il suo disagio in quel contesto (andrebbe approfondito l’argomento utilizzando altri parametri di osservazione), o al contrario potrebbe essere che lì trova il modo di esprimere la sua aggressività altrimenti bandita da una regola domestica che gli impedisce di arrabbiarsi fino in fondo anche a casa.
Più probabilmente è vero un po’ di entrambe quindi ai voi genitori suggerirei di provare a riflettere sulla possibilità di fare un “percorso di autoeducazione all’aggressività come valore positivo”, provando ad ascoltare cosa vostro figlio vuole dirvi con questo “gioco dei mostri” e delle facce brutte.
La terza cosa riguarda l’invito a non spaventarti di tutto quello che sta accadendo. Sembra facile a dirsi, lo so, ma a volte abbiamo timori di cui non siamo nemmeno consapevoli, ma che nel nostro stare-con traspaiono chiaramente.
L’aggressività è una forma sana di espressione di se stessi, che permette ai bambini di dirci delle cose che meritano di essere ascoltate ed accolte come doni per noi, perché ci permettono di sintonizzarci e di capire.
Nei limiti della correttezza e della buona educazione, la vivacità dei bambini è più un problema degli adulti che dei piccoli. Loro, semplicemente, comunicano.
Ci sono molti modi per indagare il significato di quel che tuo figlio esprime, ed il gioco è il modo migliore per farlo.
Giocare fino in fondo è un compito arduo per gli adulti, ma dobbiamo essere capaci di cogliere l’opportunità di farlo e di imparare cose nuove sull’infanzia ma anche su noi stessi.
Ti suggerisco di metterti a giocare ai mostri con lui. E di fare il mostro anche tu. Potrete così vedere insieme chi sono questi mostri, cosa fanno, cosa vogliono, perché ci sono, dove vivono, dove vorrebbero andare, e se davvero vogliono restare o andarsene.
Nella relazione, anche i mostri si trasformano.
Se sono arrabbiati forse hanno voglia di raccontarlo a qualcuno! Possono dire alla mamma cosa hanno, e se si può trovare insieme una soluzione, forse questi mostri possono anche lasciare il passo ad altro.
Forse sono mostri spaventati, che fanno i duri perché non sanno fare altro. O ancora, forse sono mostri che hanno bisogno di diventare brutti perché qualcuno si accorga di loro.
“Vedo che sei un mostro arrabbiato” è un messaggio diverso da “capisco che ora sei un fratello”: non dimentichiamoci che fratelli non lo si è per scelta, ma per “colpa” di mamma e papà, i quali devono essere i primi a contenere la ferita d’amore che porterà ad un arricchimento di vita.
Quando decidiamo di donare un fratello, non possiamo pretendere che i nostri primogeniti capiscano. Lo faranno, anche in fretta, ma dobbiamo rispettare i loro tempi.
E se anche questo evento non sembra traumatico per loro, si esprimono con sincero e naturale amore verso i più piccoli, diamo loro la possibilità di esprimere il cambiamento, e di dirci “mamma, papà, mi amate ancora come prima? Riuscirete ad avere per me quello sguardo di amore unico del quale mi sono nutrito fino ad ora?”
E a queste domande, a ben pensarci, non sappiamo rispondere nemmeno noi: proviamo, quindi, ad essere tolleranti verso i loro legittimi dubbi.
Certa che saprete trovare presto la vostra bellezza di nuova famiglia, vi auguro mostruose avventure piene di giochi e di sentimento. In bocca al lupo.
Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta
Lascia un commento