Domanda
Sono a chiedere il suo parere riguardo un problema che non riesco ad affrontare con la giusta serenità.
Mio figlio Nicola ha 5 anni, è figlio unico ma l’abbiamo cresciuto in un ambiente ricco di bambini di diverse età, e anche le insegnanti confermano che è un tipo solare, socievole e allegro, che stringe facilmente amicizia anche con bambini mai incontrati prima.
In particolare è molto attaccato al nostro vicino di casa, figlio di cari amici, Lorenzo di 6 anni, sono talmente uniti che si chiamano “fratelli” e quando giocano tra loro vanno d’amore e d’accordo.
Il problema sorge quando ci sono anche altri bambini, a questo punto Lorenzo comincia ad ignorare Nicola oppure proprio a boicottarlo: se fanno una gara Nicola ha perso (anche se in realtà ha vinto), se Nicola ha in mano un giocattolo e lo vuole qualcun altro Lorenzo non esita a strapparglielo di mano.
In questi episodi osservo l’aria affranta di mio figlio (a volte mi chiede anche di intervenire) anche se dopo dieci minuti tutto sembra passato, a lui però, non a me.
Mi chiedo se devo dire qualcosa a mio figlio: che deve giocare con Lorenzo solo quando sono in due, altrimenti è meglio evitarlo per non essere feriti (non mi sembra una bella soluzione) o che un amico non è un vero amico se si comporta così.
L’episodio clou è avvenuto durante una festa, Nicola era all’interno di una casetta di legno e ho visto il suo amico illuminarsi, avvicinarsi alla casetta e chiudere dall’esterno porta e finestra dicendo “ora stai lì per sempre, così non ti trovano più”. A questo punto ho preferito intervenire anche perché mio figlio ha iniziato a piangere, e, siccome i genitori al momento non erano presenti, ho spiegato che un gioco simile è pericoloso e che non è un comportamento da “fratello” spaventare l’altro; Lorenzo si è limitato a sorridere, alzare le spalle e andarsene.
Ora, sarà che è una mia battaglia, saranno i miei fantasmi, ma il sadismo di quella frase mi ha messo i brividi per il futuro e per giochi ben più pericolosi.
Ho bisogno di un consiglio per Nicola e anche per me.
Grazie e buon lavoro!
Anna
Risposta
Cara Anna,
il tema di cui ci racconti tocca aspetti molto importanti della nostra vita di relazione. Scrivo “nostra” perché, anche se parliamo di bambini, sono aspetti che riguardano anche la vita di noi adulti.
Le più recenti ricerche, così come la nostra osservazione di genitori, ci insegnano che l’amicizia tra bambini comincia molto presto: l‘età scolare è il periodo che segna l’importanza dei rapporti sociali ed è una palestra molto importante per lo sviluppo, anche da questo punto di vista.
Ogni bambino, all’interno delle relazioni amicali, porta se stesso: il proprio carattere, la propria personalità, la propria educazione e la percezione che ha di sé. Ogni bambino esprime coi coetanei un piccolo esempio del proprio modo di intendere le relazioni con gli altri, in particolare coi pari.
Non ho spiegazioni per il comportamento che mi descrivi, se non quelle che fanno riferimento al fatto che ciascuno di noi è quel che gli permettono di essere, e questo è vero per ogni bambino nella misura in cui costruisce la percezione del proprio campo d’azione nelle relazioni.
Quel che mi meraviglia -ma fino ad un certo punto- è che a preoccuparti di questa situazione sei tu, e non i genitori del piccolo e bellicoso Nicola, che in questa descrizione appare quello che poco comprende il rispetto dell’altro e la lealtà (concetti che si apprendono e che necessitano di essere mostrati ed esplicitati dagli adulti che si prendono cura).
Questi comportamenti dovrebbero essere oggetto di attenzione da parte dei suoi genitori, che non so quanto siano consapevoli di tutto questo e che valore gli attribuiscano.
A te, che invece mostri una decisa sensibilità in proposito, posso dire che l’amicizia non è fatta solo di rose e fiori, e che queste piccole-grandi delusioni sicuramente forgiano il carattere e insegnano a tuo figlio diverse cose: che l’altro può cambiare idea, che può deluderci, che può non esserci quando speriamo che ci sia, che può essere diverso da come ce lo immaginiamo. Il contatto con le difficoltà mette in moto le nostre energie per superarle.
Queste cose, anche se al nostro cuore di mamma possono sembrare crudeli, fanno parte delle esperienze della vita, e l’unico passo che possiamo fare, come educatori, è quello di stare accanto ai nostri bambini quando la vita mostra loro il suo lato più deludente.
Non è evitando loro questi piccoli dispiaceri, infatti, che li aiutiamo ad andare avanti, ma cercando di sostenerli nel tentativo di superarli.
Oggi è un amico, domani sarà una piccola delusione amorosa, queste esperienze, per quanto banali, sono in realtà di grande valore formativo.
Non ci sono, quindi, suggerimenti che posso farti per risolvere questa relazione: gli interventisti ti direbbero di parlare coi genitori del piccolo (non so quale sia il rapporto che avete), o di parlare con lui, o di suggerire a tuo figlio un modo per esplicitare i suoi sentimenti e la sua delusione con il suo amico; i non-interventisti, invece, ti direbbero che sono cose tra ragazzi e che devono imparare a cavarsela da soli, in modo da trovare come superare la cosa.
Entrambe le vie sono solo strategie, non ce n’è una migliore o peggiore che possa essere generalizzata come soluzione.
Ritengo al contrario che la cosa migliore sia aiutare tuo figlio a mettere parola a quel che accade, quando vedi che qualcosa non va per il verso giusto, e che provi a minimizzare i tuoi legittimi dispiaceri di mamma quando vedi che lui, al contrario, ha già dimenticato tutto.
I bambini hanno risorse che non ci aspettiamo, se permettiamo loro di esprimerle, e non è detto che questa esperienza, per quanto sia costellata di episodi spiacevoli, debba essere negativa e non spinga Lorenzo, al contrario, a tirare fuori il meglio di sé. Che sia una litigata, l’affermare la propria posizione, o la scelta di trovarsi un amico più leale, sarà per lui un’occasione di scelta, e di crescita.
Sii forte, e sono certa che ce la farete. In bocca al lupo.
raffaella dice
Grazie per i tuoi post. Sono sempre interessanti.
Rafafella