Un giorno ero con mio figlio appena nato quando una donna mi si avvicinò dicendomi con un sorriso: “Che belli i bambini quando sono in braccio agli altri”. Una frase all’apparenza banale che mi fece riflettere sulla conflittualità che può manifestarsi nel rapporto madre-figlio.
Ogni madre conosce quel sentimento in bilico tra l’amore e il rifiuto per il proprio bambino. Una tensione dolorosa da vivere e difficile da confessare, perché va contro il senso comune di quel legame primordiale. Con questo film ho voluto raccontare l’ambivalenza del sentimento materno e la fatica che si fa ancora oggi ad accettarla e affrontarla. Per restituire la complessità di questo sentimento ho voluto integrare la fiction con materiali diversi: filmati d’archivio, animazioni, elementi documentari, con i quali evocare i vari livelli emotivi che questa tensione muove in chi la vive.
Così Alina Marazzi, regista milanese, racconta il perché di Tutto parla di te, film del 2012 dedicato alla maternità, alle ombre, al disagio. Opera che porta alla luce le inadeguatezze. Le imperfezioni. I sensi di colpa.
Tutto quello sui cui io lavoro online da anni. Qui e altrove.
Da questo film ha preso il via un progetto Web, Tutto parla di voi.
Quando si parla di ombre, sensi di colpa, imperfezioni io ci sono sempre.
Questo progetto nasce con l’intenzione di allargare la sensibilità sul tema che il film vuole porre all’attenzione pubblica attraverso un mezzo che permette di raccogliere testimonianze, proporre storie reali, dare suggerimenti, interconnettere realtà che operano nel campo, creare insomma una “comunità” che si incontra, discute e interagisce sul web. Una sorta di contenitore terapeutico on line per parlare liberamente di maternità e di genitorialità più in generale.
È uno spazio dedicato a tutte quelle mamme (così come ai papà) che a volte si sentono inadeguate, incomprese e che fanno fatica a coniugare i sentimenti spesso contrastanti che regolano il rapporto con il proprio figlio.
In Italia c’è ancora un grosso tabù riguardo alla maternità, dovuto anche al ruolo sociale e culturale che la donna ricopre, vista sempre come la “mamma perfetta” e spesso relegata solo al compito dell’accudimento dei figli, quasi non ci fosse altro spazio per lei. Troppo grande è poi il senso di colpa che l’ accompagna quando si ritrova a sentirsi quasi estranea davanti al proprio figlio e la meraviglia della maternità lascia il posto alla stanchezza.
I casi di depressione post parto sono in aumento di pari passo con la crisi economica, con la difficoltà di reinserimento nel mondo del lavoro e la scarsità di leggi a tutela della donna e dei figli.
È una narrazione collettiva, per dare voce alle mamme che già in rete hanno abbattuto il muro del silenzio e si aiutano a vicenda: sappiamo ormai bene che le donne quando fanno “rete” trovano le risorse per superare le proprie crisi, con una buona dose di coraggio.
Il sito presenta una parte documentaristica con diverse testimonianze e un’altra partecipativa con la possibilità di caricare direttamente le proprie storie, scegliendo il mezzo che più si preferisce, un video, una foto, un post, un tweet (@tuttoparladivoi #tuttoparladivoi).
Io ho già raccontato parte della mia storia, ora tocca a voi!
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