Domanda
Gent.ma Dott.ssa Cioni,
le scrivo di nuovo dopo averle inviato il mio primo messaggio a settembre (bambina difficile, mamma stravolta).
La situazione è lievemente migliorata nel senso che Arianna si è assestata sui 3-5 risvegli per notte che però durano poco (fa una poppatina e si riappisola).
Anche io,tra il rassegnazione e la stanchezza, sto cercando di farmene una ragione e stò imparando a dormire seguendo i suoi ritmi…
Il problema è il giorno…Arianna è attaccatissima a me e spesso piange anche senza motivo (almeno mi sembra), non riesco a cucinare o a fare le cose di casa perchè è sempre attaccata a me e vuole stare in braccio e se la si contraddice piange e strepita…
Io non ce la faccio più a sentirla piangere…sarà che da neonata ha pianto moltissimo a causa del reflusso gastroesofageo che però ora non ha più…
Talvolta mi sembra che abbia un atteggiamento di sfida(come quando le dico di non mettersi in piedi sulla poltrona o sul letto…lei lo fa ripetutamente e poi mi guarda studiando le mie reazioni…)
Se sono in casa insieme al suo papà,lei è comunque incollata a me,non sopporta neanche se ho dei gesti d’affetto verso il fratello maggiore o suo padre…
Perchè si comporta così? Cosa posso fare?
Al nido le maestre mi dicono che la bimba ha un carattere allegro, dorme da sola nel suo lettino (a casa è nel lettone con me), gioca volentieri con gli altri, non piange…
E’ un caso di sdoppiamento della personalità o sono io che non funziono come mamma visto che a casa la situazione sta diventando ingestibile?
Inoltre dedicandomi a lei sto trascurando l’altro figlio (10 anni)…vorrei cambiare questa situazione…
Mi può aiutare per favore?
Grazie infinite.
Risposta
Cara A.
la sua testimonianza ci mostra ancora una volta che le trasformazioni nel mondo dei bambini e dei genitori sono continue e inevitabili e mettono alla prova la nostra capacità di essere individui flessibili e capaci di affrontare le più disparate situazioni. In psicologia questo fenomeno si chiama “resilienza”, la capacità di trovare soluzioni e accomodamenti, di riuscire a ricreare un equilibrio nonostante le difficoltà.
Lei sta imparando a seguire i ritmi notturni della sua bambina, a “farsene una ragione” ma ancora una volta A. richiede la sua presenza costante, un’attenzione che lei vive come eccessiva oltre che sfidante.
Per la mia esperienza, quando i bambini ci sfidano, soprattutto quando invece all’esterno (vedi al nido) paiono integrati e tranquilli, è un segnale che ci può far capire la presenza di un bisogno inascoltato, che lei ha ben rilevato osservando e chiedendosene il significato.
Ecco che arriviamo alle sue domande: perché si comporta così?
Visto che la mia posizione non mi permette una osservazione e conoscenza diretta della bambina e della relazione, cercherò di rispondere lasciandomi guidare da alcune riflessioni a voce alta, che spero possano darle qualche elemento per comprendere di più quello che sta succedendo alla vostra relazione diadica.
Per prima cosa mi chiedo, questi comportamenti avvengono ogni giorno oppure in alcuni momenti vengono meno? Ad esempio la sua presenza a casa, magari nel week end o in un giorno libero dal lavoro modifica l’atteggiamento di Arianna (lo esaspera o lo attutisce?). Può sembrare strano, ma a volte i bambini riescono a dare il “peggio” solo con i genitori, perché solo con loro possono finalmente allentare la tensione e permettersi tutto ciò che non possono fare altrimenti. In questo caso è importante accoglierli e rispecchiare questo bisogno, rimandando però anche la necessità di essere e fare altro insieme.
Il fatto che vuol sempre stare attaccata a lei mi fa immaginare un distacco precoce che non è stato debitamente elaborato (ogni bambino ha la sua speciale modalità di metabolizzare il ritorno della mamma al lavoro, l’ingresso al nido e tutto ciò che segna una separazione dal bozzolo unico e fusionale dei primi mesi insieme), una paura che la mamma possa non esserci, quasi una pretesa che almeno quando presente, sia esclusivamente sua, altrimenti “piange e strepita”.
Ed ecco che mi salta in mente un altro aspetto: cosa “vede” e “sente” la piccola quando “studia” le sue reazioni?
Lei mi dice che non ce la fa più a sentirla piangere, soprattutto perché questa situazione perdura da molto tempo. Ma cosa vuol dirle Arianna con questo pianto emotivo?
Diversamente dal pianto del reflusso o delle colichette che è un pianto dovuto a disturbi fisici, il pianto emotivo è qualcosa di complesso da decifrare… la sua bambina lo sta portando avanti con tenacia perché è l’unico modo che conosce per attivare una risposta dalla sua mamma.
Quale bisogno sottende questo strepitare? È davvero e solo appagante lo stare in braccio impedendo qualsiasi azione o relazione con altri membri della famiglia oppure è la punta di un iceberg di bisogni che fanno fatica a emergere?
Ed ecco serpeggiare il senso di inadeguatezza che lei con coraggio mi racconta…è un caso di sdoppiamento della personalita’ o sono io che non funziono come mamma?
Ed è proprio lì che si insinua lo sguardo indagatore di Arianna, fra le crepe di quella sicurezza che vacilla, che forse non le permette di opporre alle sue sfide e ai suoi pianti un no deciso, fermo.
Viaggiando sul filo delle analogie, provo a immedesimarmi in Arianna e sentire quello che sente quando è in braccio, e ha vinto: appartenenza, calore, sicurezza, contenimento…ecco, contenimento.
Sarà mica questa la parola che permette di osare strade alternative?
Per i bambini il senso di protezione passa anche per l’essere contenuti, ovvero sperimentare dei limiti.
Così come le braccia delimitano uno spazio di sicurezza, anche i no e la ferma posizione della mamma rappresentano indirettamente un luogo di fiducia, dove l’adulto “sa”, trasmette un confine che serve per potersi rappresentare risorse anche individuali.
Mi viene in mente un episodio citato da Irene Bernardini – alla presentazione del suo ultimo libro Bambini e basta (delizioso e intenso, lo consiglio!) – di un bambino che a casa faceva impazzire i genitori mentre all’asilo era educato e rispettava ogni regola. Alla domanda sul perché di questo comportamento ha seraficamente risposto “perché all’asilo non si può”. Semplice, no?!
Credo sia importante per la vostra famiglia trovare situazioni di contatto e affetto “a tempo determinato” ovvero, provare a creare delle pause speciali dove Arianna si senta supportata e coccolata (abbracci, massaggi, lettura di storie ecc…), alle quali rinviare nel momento del no, per farle sperimentare la danza alternata dell’appagamento dei desideri e delle piccole frustrazioni necessarie per crescere. Può essere che modificando alcuni comportamenti possiate avere ulteriori elementi per accogliere e comprendere la vostra piccolina.
Vi suggerisco un delizioso libretto che potrebbe servire, leggendolo insieme, a trasmettere ad Arianna il senso della continuità fra genitori e bambino, anche durante l’assenza: si tratta di Mamma nastrino, papà luna di E. Nava – ed. Piemme.
Spero di aver dato un nuovo movimento ai suoi pensieri in cerca di risposte e intanto le suggerisco una miscela di fiori di Bach, per accompagnare il vostro cammino di crescita insieme.
Per la bimba:
- HEATER, aiuta a far emergere i bisogni quando ci sono comportamenti di richiesta di attenzione esclusiva, gelosia verso fratelli o familiari: favorisce la separazione in maniera dolce e rispettosa.
- CHERRY PLUM distende e calma nei momenti di perdita del controllo, quando ogni più piccola azione genera reazioni spropositate.
Per la mamma:
- PINE, permette di rielaborare i sensi di inadeguatezza e di colpa rispetto a episodi o situazioni pregresse e a credere di più nelle proprie capacità decisionali
- GENTIAN apre alla possibilità di cambiamento, infonde fiducia e ottimismo nel futuro e nella trasformazione.
Per Arianna li faccia preparare senza alcol o in aceto di mele, da prendere per entrambe 4 gocce per 4 volte al giorno.
Un abbraccio affettuoso.
Virginia Cioni – Psicologa e Psicoterapeuta specializzata in Floriterapia (Fiori di Bach)
sun dice
Ho letto il messaggio della mamma e la risposta della dottoressa tutto d’un fiato quasi a non voler interrompere quel filo di forte empatia che mi lega al racconto e quindi alla mia “collega mamma”. Anch’io vivo e ho vissuto una storia come quella raccontata. Mia figlia adesso ha 16 mesi e dalla nascita ha sofferto di reflusso gastroesofageo con tutte le conseguenze che conosciamo bene. Sono dovuta rientrare in ufficio quando aveva solo 4 mesi lasciandola ad una tata….accudente….ma pur sempre una tata. Da settembre frequenta il nido e la situazione non è affatto migliorata anzi….
Lavoro molte ore al giorno e quindi non ci vediamo per 10 ore al giorno (la lascio alle 8 del mattino e la riprendo alle 18). Quando torniamo a casa divento un suo “ostaggio” e qualunque movimento faccio deve starmi attaccata…persino la notte quando dormiamo deve stare INCOLLATA a me. Io sono una mamma molto coccolona e non lesino in coccole, baci, abbracci e parole dolci ma spesso questa sua pretesa di attenzioni costanti, esclusivamente da me, mi mette non poco in difficoltà sia perchè mi impedisce qualsiasi movimento sia perchè è accompagnato da pianti disperati finchè non ottiene il contatto con me tanto anelato. In questi ultimi giorni ho la sensazione che la comunicazione con lei sia più diretta…cerco di spiegarle che la mamma non può sempre tenerla in braccio perchè deve preparare la cena ecc ecc e cerco di ritagliarmi un bel po’ di tempo da dedicare esclusivamente al gioco con lei…. spero che questa sia la strada giusta e spero che la mia assenza (forzata) non possa in alcun modo danneggiarla….Intanto vi ringrazio per il bel post….leggere queste cose mi fa sentire meno “sola” in questo difficile percorso di crescita di mia figlia ma anche mio….