Per la sezione Le Storie, dove ospito “cose belle” e gente capace di costruire (perchè a distruggere e distruggersi ci vuole un soffio) oggi è Gheula che si racconta.
Ho sette figli, ho combattuto con tutta me stessa per tenermi stretto il lavoro in università.
Poi un giorno ho capito che se volevo durare lì dentro, dovevo trasformarmi o in una donna single o in un perfetto uomo in carriera.
Questa è la sua storia, ma anche quella di tutte le madri. È una storia di costruzione e ricostruzione, professionale e umana. Una storia di speranza.
Qualche volta provo un’invidia profonda. Per quei medici in grado di salvare la vita ad altri esseri umani. Per quel senso di profonda soddisfazione che si può provare solo quando si aiuta.
Sette anni fa ho scritto un romanzo. Per sette anni l’ho rimaneggiato, riscritto da zero, sperando di arrivare a un libro vero. L’ho dato da leggere ad amiche e conoscenti, ma non ho mai trovato il coraggio di renderlo pubblico, di buttarlo nella mischia.
Poi un giorno un’amica mi ha chiamato. “Gheula -mi ha detto tirando alternando sighiozzi a soffiate di naso- se avessi letto il tuo libro venti anni fa forse oggi la mia vita sarebbe diversa”. La mia amica non ha figli. Ma fino a qual momento pensavo fosse una sua scelta. Ha creato dal nulla un’azienda importante, pensavo fosse appagata.
Le sue parole mi hanno fatto sentire come se fossi un medico in pectore. Che forse ha trovato la cura per una malattia diffusa. Mi hanno dato il coraggio per tuffarmi nel mondo là fuori insieme al mio romanzo. Un insieme di pagine nate dopo che ho lasciato il mio lavoro perchè temevo di essere diventata troppo arrivista, troppo orientata alla carriera. Me la prendevo troppo per ogni no che mi arrivava, per ogni occasione offerta a qualche collega arrivato ben dopo di me.
Ero una donna, mi facevano capire. E non potevo pretendere troppo. Soprattutto se a casa mi aspettavano tanti bambini.
Pensavo di essere sola in quel mare così triste. Invece piano piano ho scoperto che ci sono milioni di scialuppe di salvataggio gettate nell’oceano della conciliazione. Nell’ebraismo si dice che in un posto dove non c’è un uomo, cerca di essere un uomo. Ecco, io ho semplicemente coniato al femminile questo detto. In un posto dove non c’è una donna, cerca di essere una donna. Cerca di non farti fagocitare da questa società che poi ti fa ritrovare a 40 anni spesso con molte remore.
Il mio libro è per ora un ebook, lo si può acquistare qui.
AGGIORNAMENTO
Gheula ha poi pubblicato con Mondadori Electa.
(Non) si può avere tutto di Gheula Cannarutto Nemni
Racconta di una ragazza ebrea ortodossa di Milano che si sposa a 19 anni e fa di tutto per laurearsi, per trovare un lavoro, per non deludere sua madre e per dimostrare al mondo che la conciliazione è possibile, che i suoi bambini non sono un ostacolo ma un valore aggiunto.
Se attraverso le mie righe potrò cambiare la vita anche di poche donne, aiutarle a capire quali sono le priorità di questo nostro tortuoso cammino, avrò contribuito nel mio piccolo a rendere questo nostro mondo un posto migliore.
Gheula Canarutto Nemni
http://nonsipuoaveretutto.com
Patamamma dice
Che bella storia.
In tempi per me di “conciliazione difficile” grazie, perche’ e’ una ventata di ottimismo.
“In un posto dove non c’e’ un uomo cerca di essere un uomo”, cerchero’ di fare tesoro di questo motto.
Perche’ non ci si deve adattare, si deve difendere la propria unicita’ che e’ un dono e ci rende spieciali ( … Silvia, ne approfitto per ringraziarti anche per il post sui bimbi da far sentire speciali…)
Fra
gheula dice
Grazie delle belle parole. Spero di poter davvero cambiare qualcosa con questa piccola grande rivoluzione:)