Domanda
Gentile Dott.ssa Agnone,
ho grosse difficoltà con mio figlio Alberto di quasi 8 anni (li compirà ad agosto).
Frequenta la seconda elementare è molto intelligente sensibile ma se vuole sa essere molto tagliente con le parole. Ha un controllo una padronanza del linguaggio altamente sopra la media come dicono le maestre. No usa parolacce per offendere ma sa far piangere se vuole (ha offeso un suo compagno, che dovrebbe essere il suo migliore amico dicendogli che era handicappato come suo fratello; questo bimbo ha un fratello autistico). A scuola non ha problemi di apprendimento anzi, ma se decide che non deve lavorare, si mette a braccia conserte e non lavora. Trovandosi poi costretto a finire a casa ciò che non ha voluto finire a scuola. Per i compiti l’atteggiamento è uguale. Insomma tende ad opporsi, a ribellarsi su ogni fronte. Poi nel momento in cui cominicia a lavorare va avanti e lo fa anche bene; il problema è cominiciare. O meglio la questione è fare le cose quando decide lui e non quando lo dicono gli atri.
Ha sempre un atteggiamento oppositivo provocatorio nel senso che si oppone alle regole agli schemi, non raccoglie le richieste e se può fa esattamente il contrario di ciò che gli si chiede. E se compie qualche marachella, un dispetto nei confronti degli altri la sua risposta è sempre “Non è colpa mia, io non ho fatto niente sono gli altri che mi fanno arrabbiare”. E gli altri possono essere tutti: la sorella ( ha quasi 5 anni e lo adora) io, suo padre, le maestre i compagni etc. Ogni pretesto è buono per discutere.
Devo dire che rispetto alla scuola materna è migliorato, nel senso che ha imparato a controllare l’aggressività fisica; infatti dava anche calci cosa che ora non fa più . Frequenta anche un corso di Judo, a cui lo abbiamo iscritto due anni fa proprio nella speranza che imparasse l’autocontrollo.
Forse l’arrivo della sorellina lo ha segnato in qualche modo perché dopo poco ha cominciato ad avere questo atteggiamento aggressivo (aveva due anni e mezzo e frequentava il nido).
Oltretutto stiamo vivendo un momento difficile in quanto mio marito è stato trasferito per lavoro (da un anno circa) lontano da casa anche se poi torna il venerdì sera. Ma dal lunedì al venerdi sono sola con i bambini. Sola senza alcun aiuto; al mattino li preparo, li porto a scuola, vado a lavorare, esco dal lavoro vado a prenderli a scuola , andiamo al parco, poi si va a casa , loro vogliono guardare sempre i cartoni, io preparo la cena, poi si mangia, si gioca un po’ , li preparo per la nanna, leggo loro le favole e poi……. Buonanotte . Il giorno dopo si ricomincia…ed ogni giorno è uguale. Per carità non mi lamento della routine, della quotidianità ma faccio molta fatica a gestire il comportamento di Alberto che mi destabilizza, potenziando la stanchezza che non è nego è tanta.
Quando i capricci cominciano già dal mattino, a volte mi disorienta talmente da compromettere la giornata.
Quando mio marito rientra, sebbene si dedichi a loro giocando, leggendo le favole etc è sempre molto stanco e facilmente l’atmosfera a casa diventa pesante. A volte mi contraddice davanti ai bambini disapprovando , screditando il mio comportamento nei loro confronti.
E Alberto si rabbuia diventa triste, anche se apparentemente sembra non cogliere la tensione, alla prima occasione tratta la sorella con gli stessi modi con cui il padre ha trattato me.
Insomma ho bisogno di capire come devo affrontare questo comportamento di Alberto perché non so cosa fare. Non sempre riesco a mediare ad allentare la tensione che improvvisamente lo pervade. Come posso fare per fargli tirare fuori la ragione di questa sua ostilità, rabbia che ha dentro? A volte gli dico: “Alberto ricorda che se vuoi che gli altri abbiamo fiducia in te, tu per primo devi averne in te stesso Tu per primo devi credere in te”.
Qualche volta piango, per sfogarmi; ma purtroppo (un paio di volte) mi è capito di non riuscire a trattenere le lacrime davanti a bambini e questo mi distrugge ancora di più aumentando il mio sconforto per non riuscire a gestire la situazione; mi sento incapace di comprendere mio figlio. Voglio aiutarlo ma non so come fare.
Grazie.
Risposta
Carissima,
le tue parole mi fanno venire in mente una cosa che mi hanno insegnato prima di diventare mamma, e che ho sempre riportato nei miei corsi di formazione-sostegno-preparazione al parto.
È la frase che sentiamo spesso ripetere sugli aerei prima del decollo, e che ben si adatta al concetto di genitorialità:
“Prima di assistere gli altri, indossate la vostra maschera di ossigeno“.
Se non siamo in grado di respirare, di essere in piena forma, non saremo in grado di aiutare gli altri, e metteremo a rischio non solo la nostra vita, ma anche la loro.
Ecco che allora penso a tutte le mamme che come te dicono “voglio aiutare mio figlio ma non so come fare”. È semplice: comincia dall’aiutare te stessa, il resto sarà una conseguenza.
Non vi conosco, ma per quel che mi scrivi capisco che la tua famiglia non sta vivendo un momento particolarmente tranquillo: tuo marito è fuori per molto tempo, gli equilibri sono in via di definizione, qualcosa è cambiato, qualcosa sta ancora cambiando.
Probabilmente dovete trovare ancora un assetto definitivo, e tutto questo, come tu giustamente metti in luce, deve per forza avere un effetto sul vostro nucleo familiare.
Il temperamento di tuo figlio, tuttavia, porta con sé determinati aspetti sin dall’infanzia. Questo mi fa pensare che adesso Alberto stia portando avanti quello che sa fare bene, ovvero rompervi le scatole (se mi fai passare bonariamente il termine).
Se lo ha sempre fatto, nonostante tu lo racconti sempre come un problema, vuol dire che ha percepito la possibilità di poterlo fare. I figli sono, nel bene o nel male, quel che noi gli permettiamo di essere, e sono molto abili a trovare anche la più piccola fessura nella quale insinuarsi rispetto al nostro atteggiamento.
Se inconsapevolmente attribuiamo loro una definizione, in questo caso “l’oppositivo”, non faremo che rinforzare quei comportamenti che ci aspettiamo da loro, e loro risponderanno a questo meccanismo.
Non dimentichiamo mai che si nasce, cresce e vive dentro una relazione, la relazione è reciprocità, e tutto nel mondo è relazione.
Il primo passo è non dare etichette, e se queste si sono già create, enfatizzare la caratteristica diametralmente opposta. Sì, perché non esistono individui solo oppositivi o solo accondiscendenti, piuttosto esistono bambini che esprimono soltanto una delle due caratteristiche, che convivono in ciascuno di noi come due facce della stessa medaglia.
Quindi, è necessario ribaltare la medaglia, e non è sempre un lavoro facile, ma nemmeno impossibile. È importante diventare capaci di saper cogliere anche il più piccolo segnale di accondiscendenza di Alberto, valorizzarlo, e insegnargli a riconoscerlo ed essere fiero.
Ti direi che il modo migliore di farlo è chiedere aiuto a qualcuno che sia esperto, ma è importante che voi genitori, inizialmente, facciate un lavoro di comprensione di voi stessi, della vostra funzione genitoriale, di ciò che potete mettere insieme ciascuno in base alle proprie possibilità per unire le forze e superare il problema.
Insomma, direi che è il momento di puntare alle vostre risorse, piuttosto che alla negatività, e per farlo è necessario che voi due vi sediate l’uno di fronte all’altro e facciate il punto della situazione. Del resto, se non lo fate voi ci pensa vostro figlio a costringervi a farlo!
Ancora una cosa: pensiamo spesso che i bambini che si oppongono siano bambini che non vogliono regole. Al contrario, soprattutto in certe fasi del ciclo di vita, un comportamento oppositivo è solo una richiesta urlata in malo modo che esprime un grandissimo bisogno di contenimento.
A volte sottovalutiamo questo aspetto, ma le regole sono una grande forma di tranquillità, rispetto e protezione. Definiscono con grande chiarezza il campo entro il quale è possibile muoversi ed essere liberi.
I bambini hanno bisogno di ordine, di confini, ma non di imposizioni.
È necessario che loro capiscano il valore delle regole, senza che gli adulti possano mai dubitare che il loro ribellarsi sia desiderio di anarchia.
Mi è difficile approfondire questo importante tema a distanza, ma sono certa che poterne trattare in presenza di qualcuno che vi ascolti e vi aiuti a trovare la vostra strada, sia il modo migliore possibile per uscire dall’empasse.
Vi faccio i miei migliori auguri.
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