Per la sezione Scritto da te, in cui ospito domande, sfoghi, racconti, condivisioni di madri e padri, è arrivata questa mail di A. che chiede un confronto su una sua paura profonda: quella di morire durante il parto.
Ciao Silvia,
a parte farti i complimenti per il tuo lavoro con il blog vorrei chiederti una cosa.
Non so se magari l’hai già fatto in passato ma mi piacerebbe trovare un posto accogliente, curato da una persona delicata quale mi sembri tu, per discutere di un argomento che vivo come un tabù: la paura di morire durante il parto.
Ti dico solo che le mie ultime settimane di gravidanza, quasi un anno fa, le ho vissute nell’angoscia e nel terrore, anche molto egoistico, che potessi non uscire viva dalla sala operatoria. La mia immaginazione era vividissima e mi proiettava con un realismo terribile davanti agli occhi immagini di dolore dei miei, di mio marito, dei miei parenti. Il bambino che portavo in grembo, tanto desiderato da sempre, il momento unico e gioiosa della sua nascita, non riuscivo a immaginarli. Quando ci provavo, per allontanare quella paura folle e irrazionale, le fantasie di morte si sovrapponevano con una chiarezza che mi annichiliva, quasi ci fosse una parte di me che mi volesse riportare coi piedi per terra.
In quei momenti mi dicevo che questa condizione psicologica di sofferenza lacerante veniva forse dal fatto che stavo per realizzare un desiderio di felicità assoluta e probabilmente non mi ritenevo degna di poterne godere. Mi sembrava tutto troppo bello e perfetto perché potesse andare a buon fine. Un figlio dall’uomo che amavo e che dopo anni di incertezza si era arreso alla forza del sentimento da fiaba. Ma chi, io? Naturalmente sono sopravvissuta Il cesareo, tra dolori e il caldo insopportabile di fine luglio, non è stato una passeggiata. E poi le visite dei parenti, il latte che sembrava poco, gli ingorghi mammari, il tiralatte, le poppate ogni tre ore, ancora il caldo… E mio marito in un’altra città, ché per avere l’aiuto di mia madre, e non solo, sono stata per i primi 20 giorni di vita di mio figlio a casa dei miei. E i suoceri che mi facevano pesare questa decisione di buonsenso. E poi, subito dopo i primi giorni, le notti in bianco. La privazione di sonno per me che sono una dormigliona patologica. E poi, la diagnosi di reflusso esofageo e il latte ispessito, col mio che invece gli accentuava il disturbo. Non è andato tutto a buon fine. Mio figlio è nato, io l’ho visto e tenuto tra le braccia, è sano, bellissimo, intelligente, vivace, ed occupa la parte più grande delle mie giornate e del mio cuore. La felicità che mi sembrava di non meritare è arrivata, più o meno, solo quando ha iniziato lo svezzamento. Anzi, non la felicità, la serenità è arrivata allora. Invece la felicità piena, che in modo puerile credevo di poter sentire esplodere all’istante, ancora oggi fa capolino di rado o forse sono io che troppe volte mi dimentico di tenerle aperta la porta delle nostre giornate. Ma quando arriva la riconosco in un secondo, ha gli occhi, la risata e il suono delle prime parole di mio figlio. E per lui, da subito, vorrei un fratello, anche due. Sto macinando questo pensiero da mesi, quasi quotidianamente. Solo che la mia paura inconfessabile è ancora lì, incollata alla mia pelle, appiccicata al mio respiro. Il solo pensiero di mancargli mi gela il sangue.
Non lo so se sono normale, non so se e quante donne vivono, con in più il disagio della vergogna per i propri pensieri, questa mia angoscia. A me sembra di essere (stata) la sola. E anche se non risolverebbe il mio malessere, mi aiuterebbe ad essere più indulgente con questa mia parte fragile scoprire che molte, forse tutte, quando si trovano così a stretto contatto con il miracolo della vita si ritrovano a dover fare i conti con la paura della morte.
Mi sono tenuta proprio lunga, cavolo. Ero partita con l’intenzione di scriverti un messaggio telegrafico e invece…
Non so se avrai tempo per leggere tutto ma mi rendo conto che per me scriverti è stato in parte liberatorio. Perciò perdonami se non faccio tagli. Le lascio a te queste parole, decidi tu come prenderle e se vorrai pubblicarle mi farà piacere.
Ti abbraccio e grazie!
A.
Mammariccia dice
Ho letto questo post dal link di twitter e mi sono presa un giorno per rispondere. Come ho già accennato su Twitter, nel momento in cui si dà la vita per me la morte proprio non esiste, non mi ha sfiorato l’idea. Certo, nei mesi prima ci si pensa, io ci ho riflettuto e spesso lo dicevo anche a mio marito di questa eventualità. Però non mi ha fermato. Non ho permesso che questa paura mi impedisse di vivere bene la gravidanza e il parto, anzi, in quei momenti non ho mai pensato che potesse succcedere. Leggendo la storia di questa mamma, però, io mi sono fatta l’idea che la paura di morire di parto che essa esprime nasconda qualcos’altro di più profondo, che andrebbe sviscerato e analizzato. Soprattutto perchè essa non si è esaurita con il parto andato bene ma è rimasta, segno che forse è solo la punta di un iceberg più profondo. Ma io non sono una specialista, è solo la mia opinione!
In ogni caso, nessuna è nata imparata, le paure ce le abbiamo tutte, e già parlarne e tirarle fuori aiuta un sacco. Per cui in bocca al lupo alla mamma in questione e un abbraccio!
Lia dice
Ciao a tutte, sono mamma di tre figlie, l’ultima nata 8 mesi fa. Non ho provato la paura di morire di parto, come descrive con grande sincerità e coraggio la mamma qui sopra, ma di paure da prima del concepimento a dopo la nascita ne ho avute tante, di tutte le forme e colori e tante ancora ne avrò, in futuro, nel vederle crescere e domandandomi se sto facendo abbastanza per loro. Però devo dire che l’esperienza insegna, il primo parto l’ho affrontato nella più completa spensieratezza ed ingenuità, è stato un parto difficile ma diciamo tradizionale per il primo figlio, 8 ore di travaglio, varie manovre perchè non usciva e via dicendo…tutto è andato bene! Il secondo parto, con epidurale, ed anche il terzo, sono stati una passeggiata, nel senso che ero molto più consapevole ma carichissima e l’epidurale mi ha senz’altro aiutata ma non troppo, me ne hanno fatta molto poca, poi hanno aspettato, insomma, praticamente ho partorito autonomamente! Le paure, in quanto tali, sono tutte comprensibili e giustificate, se le affronti avrai delle frecce in più nel tuo arco…mi è piaciuta molto la ragazza che ha detto che la paura è un’alleata e che senza saremmo semplicemente incoscienti, vero anche il retaggio culturale che ci portiamo dietro da secoli che la donna è sacrificabile…in bocca al lupo alla mamma sopra, non rinunciare ad un altro figlio perchè di lui non ti pentirai mai!!! Grazie Silvia, anche per me sei molto preziosa!!!
Chiara dice
Un posto speciale questo. In cui poter essere se stesse senza paura.
Una paura normale. Ciascuna di noi l’ha pensato. E al secondo figlio forse ancor più intensamente. Se sei bloccata serve l’aiuto di uno specialista. Non rinunciare a un figlio che desideri.
Ti abbraccio e, Silvia, sempre grazie. Sei preziosa.
Giovanna dice
Ho partorito 15mesi fa senza paura di morire, anzi, in una totale spensieratezza (o incoscienza?) che mi ha fatto affrontare un parto iniziato spontaneo e finito in cesareo per sofferenza fetale. Nessuna conseguenza ne per me ne per il bambino, si può dire che tutto sia sempre filato tutto liscio, dopo. Ma: ho avuto la fortuna di avere mio marito SEMPRE vicino, la fortuna di avere madri e sorelle con nipotini piccoli che mi hanno “preparata” alle difficoltà dei primi mesi, che ho avuto, ma almeno sapevo che era tutto normale, non ero io “strana”… già solo questo, ti posso garantire, da un enorme conforto.
E per confortarti ti dico: non sei sola.
Dopo la mia esperienza, c’è stato un caso di cronaca di morte per gestosi a fine gravidanza nella mia città. Purtroppo, la donna era una parente lontana di mio marito, che avevo incontrato da poco, il caso ha voluto anche nell’ospedale in cui ho partorito.
Capisci che questi elementi mi hanno scatenato immagini vividissime come le tue e, sinceramente, ho pensato spesso: che bello che ho GIA’ partorito, non credo di volerlo fare più. Per gli stessi motivi che dici tu, identici.
Ora, a distanza di mesi e mesi, la distanza dall’evento mi fa essere più serena, l’idea di un altro figlio è sempre più forte, mi costringo a non pensare a quella ragazza.
Mi dico che forse, proprio per la brutta esperienza con quella ragazza, ora staranno ancora più attenti di prima, in quell’ospedale. Brutto e cinico, lo so.
Mi sforzo di pensare che fare un figlio non può avere più rischi che salire in macchina tutti i giorni, eppure ci salgo comunque e per andare a lavoro… vuoi mettere affrontare lo “stesso”(?) rischio ed avere in cambio quella esplosione di vita che è un figlio?
Dove per vita, ora lo sappiamo, si intendono ben altre cose che solo “felicità”…
Però è certo che, quando e se arriva un altro figlio, vivrò il parto in modo molto diverso, temo molto meno sereno… ma da li devo passare. Bene o male, lo supereremo.
E anche tu, stanne certa.
Un abbraccio
Mammamsterdam dice
Statisticamente, anche con tutti i progressi della medicina, si può sempre morire di parto anche oggi. Certo, non nella misura in cui ciò avveniva in passato, che erano ecatombi.
E noi veniamo da una cultura cattolica che per secoli ha imposto il dictat: se devi scegliere tra i due, sacrifica la madre e salva il figlio, che orfani in fondo si cresce tanto bene, e le donne, si sa, sono lo strumento del diavolo e per definizione, sacrificabili.
Ecco, con tutta la fiducia nella scienza medica, io credo che siamo in tantissime, chi più e chi meno, a sentire in un angolino della nostra testa questo pensiero e i secoli di retroterra culturale in proposito. E quindi no, non è strano se a qualcuno prende peggio.
Poi ci sono molte altre frasi in questa lettera, sulle incertezze e assenze del marito, e rimproveri cascati male dei suoceri, che mi fanno venire altri dubbi, ma l’ importante `e che questa famiglia stia bene, abbia un bellissimo bambino e nonostante le fatiche di avvio, si possa godere la propria felicità.
Giorgia B dice
Ritengo, per esperienza, che la paura non debba essere cancellata.
Qualunque paura…semplicemente va addomesticata.
Un filosofo…di cui non ricordo il nome…diceva: fai le cose di cui hai paura.
La mia esistenza è costellata di “cose” fatte nonostante la paura di farle, insieme alla paura di farle.
Fatte per paura di farle.
E quando le cose si sono fatte troppo difficili mi sono fatta aiutare da una psicologa.
La paura è un’amica, senza saremmo incoscienti.
Elena dice
Io non ho mai avuto paura di morire durante il parto, ma ho visto mia sorella in fin di vita per il parto, si è svegliata dopo due giorni, con litri di sangue nuovo e senza utero.
Ancora combatte tra la gioia di essere sopravvissuta e la tristezza di non potere aver più figli..
Dopo la sua esperienza non so se riuscirei a partorire ancora.
Francesca Patatofriendly dice
Silvia pubblichi questa mail che mi scatena pensieri e angosce che a stento domino.
Non ho mai avuto paura di morire di parto anzi anche quando mi hanno ricoverata per l’induzione ho pensato che sarebbe andato tutto bene, con sofferenza certo ma bene.
Poi in sofferenza c’è andato il mio bimbo e io della mia sofferenza non ricordo nulla ricordo solo che continuavo a ripetere “tiratelo fuori da li”.
Poi… Poi abbiamo dovuto fare visite e esami ma infine dopo qualche mese ci hanno rassicurati: tutto bene.
Ma ora che è passato un anno io che ho sempre detto di volere più di un figlio mi chiedo: e se dovesse succedere ancora?
A preoccuparmi è un bimbo che non c’è e il fatto che possa andare qualcosa storto per lui.
E questa paura mi blocca e non so come superarla…
Scusami ho fatto un poema…
Fra