Domanda
Cara dottoressa,
sono Roberta, ho 23 anni e sono la mamma di una bellissima bambina di 11 mesi.
Il mio compagno ha 24 anni, un lavoro più o meno fisso e una casa in costruzione (fino ad ora stiamo dai miei suoceri – un incubo ovviamente). Per la nostra famiglia ho lasciato la mia che sta a 100 km di distanza, amici e, per forza di cose, anche l’università.
Il mio compagno dice che i problemi c’erano già quando sono rimasta incinta e che pensava che poi le cose sarebbero andate meglio con la nascita, ma invece poi è peggiorato tutto.
Sono più di 4 anni che stiamo inseme e non ho mai messo in dubbio l’amore che provo per lui, nemmeno adesso, dopo tutte le cose che mi ha detto… Sono mesi che le cose vanno sempre peggio e non riusciamo più a venirne a capo. Io lo vedo immerso in una miriade di cose quali il lavoro in fabbrica, il lavoro alla casa in costruzione, la manutenzione della casa dei suoi e la continua angoscia di non deludere suo padre, mio suocero. Ieri dopo l’ennesima discussione mi ha detto che non mi ama più come prima, a tratti quasi per niente, e che sulle 24 ore di una giornata lui 23 è arrabbiato con me a prescindere dal fatto che io mi comporti male o bene. Ha detto che è più forte di lui.
Siamo stanchi, frustrati. E’ vero che non sono più la stessa ma è ovvio che sono cambiata perchè adesso sono mamma, perchè prima vivevo con i miei e adesso non li vedo più, perchè qui non ho amiche, perchè non faccio più niente per me…e la mia unica fonte di felicità è mia figlia.
Eppure lo amo così tanto,farei qualsiasi cosa per far tornare la persona sensibile, premurosa, affidabile di cui mi sono innamorata anni fa: lui ha ammesso che è cambiato e che sta vivendo un momento difficile non solo con me ma con la vita in generale.
E se avessimo sbagliato ad avere questa bambina? Se lui non era pronto? L’avrò spinto io?
Non so più niente, so solo che tutto va male, ma lo amo tantissimo.
Mi aiuti per favore.
R.
Risposta
Cara R.,
mi riesce difficile aiutarti a distanza, se non attraverso il consiglio di provare ad affidare la questione ad un terapeuta di coppia.
Quella che mi racconti è infatti una fase che attraversano molte persone che si trovano davanti al compito di ridefinire la loro identità (di persona, di coniuge, di genitore) alla nascita del primo figlio.
Ovviamente è una fase che si attraversa a partire da un precedente bagaglio relazionale e di esperienze, sul quale si iscrive la storia di ciascuno di noi, ma anche la specificità del nostro rapporto di coppia, frutto di un “incontro tra storie e trame”.
Credo che un sostegno psicologico possa fare al caso vostro, sia per valutare da vicino tutti gli aspetti della questione, per superare la questioni che vi trovate ad affrontare in questo momento di grandi cambiamenti nella vostra vita, sia per aiutarvi a ridefinire la crisi in termini di opportunità e risorse che vi appartengono e che meritano di essere coniugate per superare questo momento.
Non è di certo facile crescere, nemmeno quando si arriva all’età della genitorialità, e la vita di coppia è fatta di compromesso, buona volontà e impegno. Oltre che di sentimenti, naturalmente.
Quando tutto questo si mescola con la stanchezza che inevitabilmente si incontra nel crescere un figlio, le cose possono complicarsi un po’.
Spero che questa crisi, per quanto legittima e naturale, sia per voi solo passeggera, e foriera di novità costruttive e importanti.
Buona rinascita, di cuore.
sara dice
come ti capisco:-)
CHIARA dice
A volte, quando mi incrociano per strada, le persone si soffermano su di me, sul passeggino che spingo e sugli altri due miei figli che stanno di solito uno alla mia destra e l’altra alla mia sinistra. E si complimentano per avere fatto tre figli o mi chiedono come faccio e io a tutti rispondo che il vero trauma è passare da nessun figlio a un figlio. Dopo è tutto in discesa! La fatica che ho fatto quando sono diventata mamma per la prima volta è ben impressa nei miei ricordi. Pensavo di dovermi separare da mio marito, poichè non andavamo d’accordo su niente: lui mi accusava di essere cambiata e io di averlo perso per strada.
Ha ragione la dottoressa, “la vita di coppia è fatta di compromesso, buona volontà e impegno”, ma quando si è in tre il compromesso è più difficile da raggiungere, la stanchezza è tanta e il ritmo di crescita dei due genitori si differenzia in modo esponenziale.
Io divenni madre dal concepimento, lui divenne padre quando mia figlia compì 12 mesi (generalizzo e semplifico per dare un quadro di sintesi); lui ancora mi racconta con commozione che nel momento in cui io diedi l’ultima spinta e sentì il primo vagito di nostra figlia lui prese coscienza di che cosa significa potenza della natura, impersonificata in me in quel momento. Lui nei mesi successivi alla nascita si buttò nel lavoro, cominciò a cercare promozioni e riconoscimenti, facendosi carico del nostro mantenimento economico. Io mi arrabbiavo e non capivo quanto per lui fosse importante sentirsi indispensabile come gli sembravo io nella relazione con nostra figlia. Non poteva allattarla, non sapeva consolarla, ma almeno ci manteneva…
L’impegno e la buona volontà ci hanno aiutato a superare la crisi, ad accettarci cambiati, a proiettarci insieme ancora una volta verso il domani.
Una regola ci demmo che credo “salvò” il nostro rapporto: il rispetto reciproco e verso noi stessi. Ti auguro tutto il bene possibile, nella convinzione che, come scrive la dottoressa, i momenti di crisi possono davvero essere trasformati in opportunità straordinarie.