Domanda
Gentilissima dott.ssa,
le scrivo perché ho letto i suoi articoli e sono ne rimasta molto positivamente colpita.
Ho un bambino di quasi 6 anni, V., che frequenta l’ultimo anno della materna. Si tratta, in realtà, del quarto: ha iniziato la scuola a 2 anni e mezzo, ma io e mio marito abbiamo deciso, dopo una lunga riflessione e ascoltando le insegnati, di trattenerlo ancora un anno, per consentirgli di affrontare la primaria con maggiore maturità e consapevolezza. Così ha dovuto cambiar classe (ma non scuola) ritrovandosi assieme a bambini un po’ più piccoli di lui, tra cui molti anticipatari. V. è sempre stato vivacissimo, pieno di energia e fantasia, chiacchierone, animato da uno spiccato senso di libertà. Ma a scuola non ci aveva mai dato problemi. Era ubbidiente, educato, restava seduto. All’uscita si sfogava, giocava e saltava, ma in classe, anche se a volte annoiato, faceva il suo dovere. Quest’anno le cose sono cambiate. Lavorare in classe lo annoia. “Ho cose più divertenti cui pensare” mi dice. E così disturba i compagni, fa scherzi, per lui innocenti, che a volte risultano pesanti (spinge, toglie la sedia a chi sta per sedersi, travolge gli altri correndo… maestra inclusa). “Sono un giullare – mi dice – e faccio ridere tutti”.
Ho provato a spiegargli la differenza tra ridere con gli altri e farsi ridere addosso tra star bene con gli amici e assumere comportamenti che di fatto lo isolano, ma non credo di aver centrato il bersaglio. E il suo comportamento è immutato, peggiorato forse. Risultato: a scuola le maestre lo rimproverano e puniscono (facendolo sedere da solo), e a casa, quando fa il pazzerello (per esempio fa cadere una pianta, o fa male al fratellino più piccolo, un bimbo molto più tranquillo di lui, ma anche più furbacchione) deve sorbirsi i nostri lunghi, e temo inutili, sermoni: “Tu sei un bambino buono, ma a volte fai delle azioni senza riflettere….” gli dico.
A volte lo mando in cameretta a pensare… e lui torna da me contrito, dicendo che ha capito l’errore e non lo farà più. Mio marito aveva preparato un tabellone a punti (a me l’idea non piace molto): a 100 punti avrebbe ricevuto un regalo speciale . Ma l’altro giorno ha fatto molto male al fratellino e quando gli ho detto: “Forse dovremmo stracciare il tabellone” lui l’ha preso e stracciato da solo. Mi ha fatto tanta tenerezza.
Non è un bambino cattivo, è solo troppo, troppo, irruento e impulsivo. Sicuramente c’è della sofferenza che non riesce a esprimere dietro il suo comportamento. Tante volte ho cercato di parlargli, di domandargli se qualcosa lo turba. Lui dice di no. Gli chiedo se pensa di essere buono o cattivo. Buono, mi dice. Mamma e papà ti vogliono bene? Sì. Forse il suo atteggiamento dipende dal trovarsi in classe con quelli che erano “i più piccoli”. Dal sentirsi caricato di responsabilità: imparare a scrivere (secondo le maestre bisogna farlo alla materna), dare il buon esempio, ma queste cose non gliele posso evitare, le deve accettare. Senza mandare nessuno al pronto o soccorso o distruggendo la scuola, possibilmente.
Mi scusi se sono stata prolissa. E grazie mille per la sua risposta!
A.
Risposta
Cara A.,
è possibile che il comportamento di tuo figlio esprima semplicemente la noia verso attività che non lo coinvolgono più, che fosse pronto per una nuova classe, e che risenta anche del fatto di non avere più i suoi vecchi compagni.
E’ necessario quindi, se non è possibile cambiare la classe, che lui possa trovare attività coinvolgenti e che possa costruirsi un nuovo ruolo a scuola.
Non credo che punirlo o isolarlo possa servire a molto, se non a farlo arrabbiare ancora di più.
Sarebbe importante, invece, trovare la chiave di accesso al suo interesse: scoprire cosa lui sa fare bene, e come questo può spingerlo a volere imparare cose nuove.
Riguardo al comportamento, è necessario che lui comprenda che far dispetti agli altri non è una cosa che può rimanere impunita: ci sono azioni cui corrispondono delle reazioni, che potrebbero essere la “vendetta” o “il rancore” dei compagni, o la “punizione” degli adulti.
Le punizioni dovrebbero avere il valore di aiutare il bambino a comprendere gli errori, a dare la possibilità di rimediare, centrando non sulla persona (sei monello) ma sul comportamento (hai fatto una cosa sbagliata).
E’ importante che i bambini capiscano che non si può fare quel che si vuole senza pagarne le conseguenze.
Questo lavoro necessita del coinvolgimento delle insegnanti, perché è importante che ci sia coerenza e chiarezza tra insegnamenti familiari e scolastici. Ti invito quindi a coinvolgere loro per trovare un “progetto comune”, che probabilmente aiuterà tuo figlio a sentire un contenimento forte, una sorta di cordone di protezione costituito dai genitori e dalle maestre insieme: questo per i bambini è rassicurante più di quanto possiamo immaginare.
Ti auguro quindi che questa collaborazione inizi presto.
Buon lavoro!
Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta
[…] Quando un bambino in classe si annoia è possibile che metta in atto dei comportamenti di “ribellione”, che esprimono la sua difficoltà a adattarsi ad un contesto in cui non si sente a suo agio. Il comportamento esprime un sentire, che in questo caso ci parla di una richiesta di aiuto. I rimproveri e le punizioni servono a qualcosa? Come risolvere la situazione? Per saperne di più leggi qui. […]