Domanda
Buongiorno,
avrebbe qualche consiglio da fornirmi per insegnare a mio figlio di 5 anni (ultimo anno di asilo) a gestire le frustrazioni e le sconfitte? Non è ancora in grado, e una semplice e banale sconfitta (dal gol subito, al bicchiere d’acqua che gli è caduto) è una tragedia con pesanti crisi di nervi. All’asilo ha insegnanti che trovo incapaci di essergli d’aiuto; alle mie domande rispondono dicendo che fa fatica a relazionarsi con il gruppo e nulla più.
Grazie
Risposta
Buon giorno Laura,
accolgo la tua richiesta, anche se ho pochissime informazioni per dare un contributo pedagogico adeguato.
Ti rispondo, quindi, in base ad una personale idea del tuo bambino, che decido di chiamare Alessio.
La prima cosa che ti chiedo é: ” Gli adulti di riferimento a lui vicini (mamma e papà), con quali modalità e strategie educative accompagnano la sua quotidianità, di fronte a un errore, di fronte ad una sfida sportiva, una competizione tra pari?”.
Ti chiedo questo perché è fondamentale analizzare anche l’atteggiamento dei grandi; un bimbo di 5 anni vive in un contesto educativo che assorbe al 100% e, il primo ambiente di vita capace di formare la persona, è proprio la famiglia.
Detto questo credo sia importante accogliere le reazioni comportamentali ed emotive di Alessio come una richiesta di aiuto.
Tu madre di fronte a un “errore” di tuo figlio quali reazioni hai?
Di fronte all’errore l’adulto può sdrammatizzare “il fattaccio”, nel dire: “Non è successo nulla, capita anche a me essere distratta a volte, lo sai?”, piuttosto che “Ecco, lo sapevo che ti sarebbe caduto il bicchiere: sei sempre distratto!”.
Se si sdrammatizza il suo errore, lo rassicuri, ti poni al suo pari e dicendo: “Capita anche a me a volte”, aiuti Alessio a vedere anche l’adulto come soggetto che può sbagliare.
A casa poi provate a fare dei giochi… il gioco delle carte, la dama, etc., sforzandovi di non far vincere sempre vostro figlio, nel tentativo di evitargli pianti e delusioni.
Lo privereste di una importante opportunità di crescita, pur se dolorosa.
Se una partita la vince, e la vittoria rinforza la sicurezza in sé e quindi anche l’autostima, in una seconda partita Alessio perde.
Ma la sconfitta deve assolutamente essere accompagnata dalla comprensione da parte dell’adulto: “Capisco la tua delusione Alessio, qualche volta si vince, qualche volta, però, si può anche perdere”.
Alessio avrebbe in tal modo la possibilità di sperimentare e gestire queste emozioni negative in famiglia, quindi in un contesto molto più protetto, rispetto a quello dei pari.
L’adulto non deve mai deridere la sconfitta del bambino dicendo ad esempio: “Lo sapevo che avresti perso, perché non sei forte. Sei scarso…”.
Sono certa che se la mamma e il papà accolgono la sua sofferenza senza far pesare la sconfitta, il bambino riceve questo messaggio: ” I miei genitori mi vogliono bene e mi accettano sempre, non soltanto se sono il numero uno!”
Spero di esserti stata di aiuto.
Prova e fammi sapere come va.
Vi abbraccio
raffaella dice
Ho sempre pensato che la gestione delle sconfitte, prima e quella, inevitabile del dolore, poi, fosse la palestra migliore per i nostri figli. Tante sono le cose che, vorremmo risparmiargli. Ma farli crescere, forti ed indipendenti, è proprio il contrario.
Come sempre, molto interessante leggere di queste esperienze e consigli.
Grazie
Raffaella