Francesca è una delle poche persone conosciute online in questi 10 anni di blog con cui ho il piacere di condividere pezzetti di vita quotidiana. Come nella vita “analogica”, anche online ci si prende e ci si piace per motivi spesso incomprensili nell’immediato ma che poi ci vengono spiegati dal tempo e dall’approfondimento.
Leggendo 102 chili sull’anima, che ho avuto il piacere di presentare assieme a lei ieri a Parma, qualcuno di questi motivi mi si è aperto davanti. Ci sono percorsi che si incrociano non per caso e dove non ti aspetteresti mai di trovare un’unione di due strade così apparentemente distanti. Come può essere ad esempio un’orticaria idiopatica.
102 chili sull’anima non è solo un libro, è la storia di una liberazione e il racconto di una consapevolezza. 102 chili comincia prima dei 102 chili. Comincia quando Francesca era poco più che una bambina, più o meno coetanea di mio figlio. E forse anche prima. Comincia quando aveva 12 anni e di chili in più non ne aveva.
Ma siccome quello che siamo e che diventiamo è il risultato di ciò che nella vita abbiamo messo insieme fin dalla nascita (ma anche prima di nascere) 102 chili è in realtà la storia di una vita.
Ieri alla presentazione c’erano tante donne. Donne che si sono spostate da Milano per ascoltare Francesca e guardare in viso una persona che da 102 chili è passata a correre una mezza maratona. Donne che cercano di tenersi attive, incrociate e conosciute nel mio gruppo Facebook “Runningformommies”. Donne curiose. Donne commosse.
Mi sono sentita parte di un vortice di energie di rara bellezza. Proprio perché tutto al femminile.
102 chili va letto, non raccontato, perché ciascuno può ritrovarsi, ne sono certa, in un pezzettino di percorso di Francesca. Non è solo la storia di come uscire dall’obesità, è l’evidenza di come non sia mai troppo tardi per imparare a volersi bene. E di come per imparare ad amarsi occorra spogliarsi. Di certezze, di paure, di preconcetti, di stereotipi, di grasso, di insicurezze.
Ce n’è per tutti. Per tutti i corpi e per tutti i cuori.
102 chili è la storia di una “muta” e di come per mutare occorra togliersi la muta. Perché la muta ti aiuta a stare a galla, ti copre, ti protegge. Ma quando nuoti con la muta non senti la temperatura dell’acqua. Spogliarsi per guardarsi. Guardarsi per spogliarsi.
La disfunzionalità è trasversale ai bisogni, ne può sfiorare uno o li può attraversare tutti. È però una modalità di cui prendere consapevolezza, non necessariamente per uscirne. La disfunzionalità può essere anche comoda e si può decidere di tenersela. Ciò che conta e sapere che c’è: in qualche relazione, a tavola, al lavoro, in palestra. Poi man mano, starà a noi decidere se e quando provare a correggerla.
Mi rendo sempre più conto (e questo mi spaventa molto pensando ai miei figli) di come nella vita sia sempre una questione di amore.
Alla fine tutto si accomoda tra la “a” e la “e” di questa parola così abusata ma così necessaria. Amore sbagliato, amore in eccesso, amore malato, amore egoista, amore ottuso, amore mancato. È tutta una questione di pieni e di vuoti. Di equilibri affettivi, che da madre, mi sembrano ancora terribilmente più complessi da mantenere.
Tutto si gioca tra amore e paura. Io non so cosa accadrà nella vita adulta dei miei figli, quello che so però, anche grazie a questo racconto di Francesca, è che le paure non si saziano e non si affamano nello stomaco.
Grazia dice
Ciao Silvia, ti ho visto domenica a Parma ma non mi sono attentata a fermarti. Sei bellissima e radiosa, complimenti! Un caro saluto, Grazia