Tra i problemi che possono mettere a rischio la serenità di una coppia la sterilità psicogena è senza dubbio uno dei più gravi, difficile da gestire proprio per via delle criticità che si possono incontrare nel definirne le origini.
Iniziamo però a capire di cosa parliamo quando nominiamo la sterilità psicogena. In questo caso siamo davanti a una situazione in cui il concepimento è frenato non da motivi biologici, ma da cause che hanno a che fare con l’aspetto psicologico.
Ricordo infatti che per l’essere umano il concepimento non è il frutto di un istinto di sopravvivenza, ma il risultato di un progetto familiare basato sulla condivisione di determinati sentimenti.
Quando non si riesce ad avere un figlio per motivi che nulla hanno a che fare con la sferia biologica può capitare di sentirsi “differenti” dalle altre coppie e, soprattutto, di non sentirsi all’altezza nei confronti del partner.
Cosa fare? Prima di entrare nel vivo della questione ricordo che è fondamentale lavorare in maniera congiunta, cercando di aiutare il partner a vivere meglio il percorso di risoluzione del problema. Comincio quindi con il ricordare che la sterilità psicogena può essere trattata con un approccio sistemico relazionale, utile a capire il ruolo della storia familiare nella coppia.
Cosa succede in queste situazioni? Che possono emergere tanti aspetti di natura differente. Si può parlare di abusi veri e propri, ma anche di messaggi educativi che hanno trasmesso alla donna la paura della gravidanza, che viene vista come qualcosa di molto simile a una malattia che sottopone il corpo a cambiamenti drastici difficili poi da far rientrare.
Un altro aspetto fondamentale da considerare quando si parla di fertilità psicogena è la limitazione alle libertà personali che, necessariamente, la nascita di un figlio mette in campo. C’è chi non è pronto ad affrontare questo cambiamento, soprattutto se negli anni dell’infanzia o dell’adolescenza è stato oggetto di particolari episodi di repressione.
Anche in questo caso la terapia sistemico relazionale si configura come uno degli approcci più efficaci, come la strada più valida per aiutare l’adulto che vuole diventare genitore a capire che gli ostacoli e le ferite del passato non devono influenzare il futuro e in particolare i progetti di coppia.
Accogliere un figlio non significa mettere da parte dubbi e paure – sarebbe innaturale – ma cercare di razionalizzarle e di fare in modo che non diventino delle ossessioni e dei blocchi. Il passato, soprattutto quando è caratterizzato da numerose esperienze negative, deve essere considerato un punto di partenza per crescere e non un motivo per rimanere fermi mettendo in secondo piano i propri desideri e la propria felicità.
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