È passato un anno da quando ho raccolto tutto il coraggio che avevo e sono andata a licenziarmi dopo 17 anni.
Non ho più scritto di me, da questo post. Ho preso un anno sabbatico perché ho avuto bisogno di silenzio e tante energie per liberarmi da situazioni che mi rendevano infelice.
È stato un anno rivoluzionario, su più fronti. Professionale e personale. Un anno di grande lavoro.
Non è semplice cambiare lavoro a 42 anni, non è semplice dopo quasi 20 anni. È una scelta coraggiosa, ora lo so, allora non lo sapevo. Un anno fa avevo solo bisogno di chiudere una parentesi professionale e umana che si stava rivelando indegna, rispetto a tutta la vita aziendale precedente.
Le persone con cui mi sono trovata a lavorare, non avevano nulla da condividere con le persone con cui ero cresciuta negli anni precedenti. Prevaricazioni, ricatti, manovre brusche per creare scompensi, spade di Damocle pendenti per mesi. No, a farmi cadere non ci sono riusciti. Al contrario.
Rimettersi in gioco non è stato semplice. Quando entri in una nuova e grande azienda e non conosci nessuno, sei l’ultimo arrivato, la prima cosa da fare è un bagno di umiltà. Io che sono autonoma dalla nascita sono dovuta tornare “bambina”. Quando non conosci devi chiedere. Tutto. Da come funziona la fotocopiatrice a questioni di concetto. Sono qui da 9 mesi e non ho ancora finito di chiedere.
Il mio è un mestiere strano. Un veterinario, un ingegnere, un geometra, un dentista possono fare il loro mestiere anche dall’altra parte del mondo.
Io, se non conosco l’azienda e il contesto in cui sono inserita, non posso lavorare. Questo significa, abbassare la testa e mettersi a studiare. Con umiltà. Ma non è finita perché il mio lavoro è cambiato. Prima scrivevo, coordinavo una rivista, facevo molta comunicazione corporate. Ora faccio digital marketing, marketing automation, strategia, CRM. Ho un budget consistente da gestire, incontro agenzie, partner, fornitori potenziali, realtà diverse e spesso molto grandi.
Sapete cosa significa imparare un mestiere a 40 anni in un contesto aziendale nuovo? Significa uscire dalla comfort zone. Nel mio caso, da un paio di anni, non era più “comfort”, ma resta comunque il fatto che l’abitudine professionale dopo tanti anni, subentra senza che ci si faccia troppo caso. Un cambiamento del genere, non è spostarsi un pochino, ma allontanarsi parecchio dalla quiete che pervade una posizione decennale. Avere gli stessi problemi professionali ogni giorno diventa quasi come non averne affatto. È una sicurezza.
Cambiare è lasciare andare. Per certi versi è un po’ morire. Superare gli attaccamenti è doloroso.
Cambiare è difficile. Ma sei sicura? Hai un lavoro a tempo indeterminato, fai qualcosa che ami, hai un buon stipendio, ha la solidità di una grande azienda, hai una professionalità che tutti in azienda conoscono. E sei poi ti trovi male? Ma non ti mette ansia dover dimostrare che sai lavorare a 40 anni? Qui tutti sanno che sei capace, professionale, seria, affidabile. Anche chi ti ha messo i bastoni tra le ruote. Dovrai partire da zero. Ti rendi conto ricominciare da capo? Mi rendo conto, ma voi vi rendete conto che non sono più felice?
Il momento in cui realizzi questo, il cambiamento è iniziato.
Come obiettivo del 2018 mi ero data quello di liberarmi da tutte le situazioni che sporcavano la mia serenità. Ma non solo, anche dagli ipocriti. E dai bugiardi. Da chi fingeva di amarmi ma in realtà mi odiava. Da chi ha una faccia pubblica e una opposta privata. Da chi ha succhiato energie per anni millantando affetto e amore, mentre l’amore lo faceva altrove.
Ci sono riuscita.
Tornando al lavoro, anche umanamente non è stato facile. Perché in 17 anni di vita in un luogo che ti vede presente 8-9 ore al giorno, senza nemmeno rendertene troppo conto, ti affezioni. E il giorno in cui consegni il badge e il computer, ti giri e guardi la porta chiudersi ti accorgi che ti sei affezionato a più persone di quelle che pensavi.
Poi arriva la parte complessa. Scoprire quante sono in realtà le persone che si sono affezionate a te in tutti quegli anni. Vedere chi in un modo o nell’altro, ti continua a cercare. E chi invece dopo aver spartito la scrivania e tutte le tappe della vita trascorsa negli anni (e tra i 25 e i 42 sono davvero TANTE), sparisce dalla tua vita.
E infine, le relazioni nuove.
Inserirsi in un gruppo di colleghi che lavorano insieme da 10 anni. Studiare, osservare, ascoltarli. Nelle sfaccettature dei caratteri, degli umori, dei fastidi, delle capacità. Ho dovuto imparare a fare lo slalom. Io, abituata alla discesa libera.
La preoccupazione più grande di mio figlio rispetto al prossimo anno riguarda le relazioni: riuscirò a farmi nuovi amici? A inserirmi? Oggi lo capisco più che mai.
Dover ricominciare da capo significa riaprire tutti i pori che abitudine, sicurezza e routine hanno chiuso, e significa esporre il fianco. Non semplice, soprattutto se hai un carattere un po’ forte e non particolarmente malleabile.
Significa, ancora una volta, rispolverare l’umiltà. Ma sapete una cosa? Riuscire dove gli altri non hanno nemmeno tentato è una grandissima soddisfazione.
A me è andata bene. Ed è anche merito loro, a essere sincera. Mi hanno fatto sentire a casa fin da subito. Quando penso che sono passati solo 9 mesi, non mi capacito.
Un po’ come quando inizi una relazione affettiva nuova. Il tuo rapporto precedente scivola sullo sfondo e si allontana ogni giorno che passa perché l’esperienza sovrascrive i ricordi. Un paragone non casuale.
Cambiare è abbandonare la maschera. Cercare la felicità è abbandonare chi le maschere le indossa.
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PS: sì, siamo sempre a tavola! 😀
Sara dice
Quanto vorrei avere la tua capacità di scrittura, hai detto tutto, ma senza dirlo apertamente, bravissima. È sempre un piacere leggerti.
Cristina Muzi dice
Eccoti! Aspettavo un tuo scritto , ma non venivo a cercarlo spesso , per la verità, quasi come se mi rendessi conto che c’era bisogno di tempo per ritrovarti, per leggere cose che da anni mi accarezzano e nel leggerle fanno emergere la parte migliore di me .. grazie Silvia, buon proseguo , e lo sarà. Con affetto Cristina Muzi
cristiana dice
Abbiamo bisogno di coraggio e umiltà tutti i giorni!
Grazie bellezza, che bell’esempio!
Che orgoglio!
eleonora dice
Stesse sensazioni, stesse paure, stessi momenti di coraggio… perché alla fine è proprio questo che ci vuole, il coraggio di voltare pagina e cercare la felicità altrove.
Brava Silvia! Ottimo lavoro.
Marzia dice
Oddio quanto mi sei mancata !! (To be continued…)
Roberta Prandoni dice
Bello. In alcuni punti così calzante con la mia esperienza da risultare sorpendente… E hai ragione, la difficoltà vera è rendersi conto di quando e quanto non si è più felici.
Anna Zippa dice
Bellissimo cara Silvia. Ogni giorno ci possiamo costruire la nostra vita. Felice di aver fatto un pezzo di strada con te. Ti abbraccio forte. Anna