Quando ho creato su questo blog la sezione Domande-Risposte agli specialisti, nel 2008, mi sono preoccupata di fornire un servizio puntuale ai miei lettori sui temi ostetrici, ginecologici e pediatrici e psicologici.
Appena il dibattito sui vaccini ha cominciato a farsi acceso ho coinvolto il Prof. Pierluigi Lopalco, epidemiologo, che ora è lo specialista in assoluto più richiesto soprattutto sul tema della meningite, dei vaccini disponibili, dei richiami e degli temuti effetti avversi. Queste numerose domande sono un bene, perché significa che davvero i genitori si stanno facendo carico di un tema fondamentale per la salute pubblica. Dal 2016 al 2017 la copertura dei vaccinati al Meningococco C è passata dall’80 all’83% ma non è ancora abbastanza.
Abbiamo partecipato al convegno Let’s talk meningite, un evento specialistico in cui sono stati presentati i risultati di un’indagine demoscopica sulla meningite e sui vaccini. Vediamo insieme cosa è emerso. La prima buona notizia è che l’84% dei genitori riconosce l’importanza dei vaccini e il 70% si fida di quelle imposte o raccomandate dal Servizio Sanitario Nazionale. C’è però un 38% che ne teme gli effetti avversi. Il 29% ritiene che quelli obbligatori per i bambini siano i troppi e il 28% che siano un business farmaceutico.
“Fino al 1750, racconta il prof. Rino Rappuoli, padre dei vaccini moderni, la vita media era tra i 25 e i 35 anni, dal 1850/1900 c’è stata un’impennata che ha portato la vita media ai 47 anni fino ad arrivare ad oggi dove abbiamo aspettativa di vita di 80/85 anni. Le vaccinazioni hanno largamente contribuito al raggiungimento di questa aspettativa di vita e sono il più prezioso regalo da fare ai proprio figli. Ma -continua- dobbiamo fare un’autocritica sul modo in cui comunichiamo la necessità di copertura vaccinale. La popolazione di oggi è diversa da quella degli anni ’60. Oggi dobbiamo comunicare in maniera diversa. Non possiamo abbassare la guardia, altrimenti i nostri figli potrebbero morire di malattie quasi scomparse. Non dimentichiamo che solo nel 1900 in Germania sono morte 50 mila persone di difterite”.
Il Prof. Pierluigi Lopalco, epidemiologo ordinario di igiene e medicina preventiva Università di Pisa, spinge sulla necessità urgente di chiarezza informativa. Nonostante i vaccini siano efficaci e gratuiti, alcuni genitori non vaccinano per paura.
C’è però anche un problema di organizzazione regionale: in alcuni casi, per esempio, l’offerta non è chiara e gli ambulatori seguono orari che non sostengono le esigenze dei cittadini che lavorano o, comunque, frappongono barriere come la necessità di prenotare la vaccinazione in un periodo piuttosto lontano.
L’obiettivo come Sistema Sanitario Nazionale è la copertura del 95% dei nuovi nati per proteggere soprattutto gli individui deboli, coloro che sono troppo piccoli o che hanno patologie di base.
Fare questo è proteggere tutta la comunità.
Un genitore su tre si dichiara poco informato, prosegue Sara Carloni, Ricercatrice di Elma Reserach, ma tra i 2000 genitori intervistati l’atteggiamento riscontrato nei confronti della vaccinazione è stato positivo. Il 76% dei genitori sa che esiste una cura e il 79% che è disponibile un vaccino per prevenire il contagio. È una malattia che spaventa perché insorge in modo improvviso. Dalle interviste emerge il paragone a con una bomba, una martellata, qualcosa che in brevissimo tempo ha effetti devastanti. Tuttavia solo il 14% dei genitori ritiene i propri figli ad alto rischio.
Il nuovo Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale (2017-2019) ha inserito le vaccinazioni per Meningococco C e B tra i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Ciò significa che i neonati vengono vaccinati contro il Meningococco B (tre dosi più una di richiamo) al 3-4-6 e 13° mese di vita e contro il Meningococco C, tra il 13° e 15° mese di vita. Agli adolescenti tra i 12 e i 18 anni è offerto il vaccino quadrivalente per il Meningococco ACWY.
Mio figlio 14 enne lo ha fatto questo inverno e il più piccolo lo farà il prossimo anno.
Ben diverso era un tempo. E lo sa bene l’Avvocato Amanda Vitiello, fondatrice del Comitato Nazionale Contro la Meningite, che a causa di questa malattia fulminante ha perso la piccola Alessia. La sua difficile testimonianza racconta del decorso rapidissimo della malattia che ha colpito sua figlia a soli 18 mesi. “Non conoscevo la meningite quando mia figlia si è ammalata. Capii soltanto che la situazione era tragica. Aveva la febbre a 41° e si è coperta di macchie rosse. La corsa al pronto soccorso è stata inutile. Purtroppo quando mia figlia si è ammalata, il vaccino non era ancora pronto. Ecco perché con mio marito abbiamo sentito subito il dovere di raccontare la nostra esperienza, di dire agli altri genitori di non sottovalutare il problema, di informarsi, di non fermarsi davanti alla disinformazione, di approfondire e di prevenire. Non siate superficiali, incalza Amanda Vitiello, non informatevi solo sul web, parlate con i medici: ogni genitore augura una lunga vita sana e felice ai propri figli. Ma volte per poca informazione li esponiamo a rischi mortali”.
La vaccinazione contro il Meningococco B, rivela sempre la ricerca presentata, viene oggi proposta e raccomandata solo nel primo anno di vita ma le evidenze scientifiche dimostrano che il rischio di infezione si mantiene elevato lungo tutta l’età prescolare.
Nello studio sono stati valutati 136 casi di infezione ed è emerso che l’età media dei bambini colpiti dalla meningite è di 5 anni. La maggior parte dei casi (96 su 136 in totale) è tra 0 e 5 anni e il 44,9 per cento del totale abbia interessato i bambini da 0 a 2 anni. Tra questi il 63,9 per cento dei casi è comparso tra i 4 e gli 8 mesi, confermando il rischio. Sulla base di questi dati e tenendo conto che il 30% dei decessi si è osservato prima dell’anno di vita, secondo quanto riporta lo studio la prevenzione più efficace si potrebbe avere vaccinando nel primo anno di vita, ma tenendo però in considerazione l’importanza di uno schema vaccinale di richiamo fino ai 5 anni.
“È importante, spiega la Prof.ssa Susanna Esposito, direttrice della Scuola di Specialità in Pediatria di Perugia, proteggere anche i bambini più grandi, quelli dai 6 ai 10 anni ma anche gli adolescenti. Nel mio lavoro vedo casi tragici di ragazzi che muoiono nell’atrio del Pronto Soccorso. Nessuno è indenne e la mortalità è del 10%, ma chi guarisce nel 30% dei casi riporta grosse complicazioni”.
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